Giudici e Corriere assediano Formigoni ma ancora mancano delle vere accuse
16 Aprile 2012
Guai in vista per il governatore della Lombardia Roberto Formigoni. Guai inseritisi nel contesto dell’inchiesta della Procura di Milano sulle presunte storture del sistema sanitario lombardo. Giovedì 12 Aprile, infatti, sono scattate le manette per Antonio Simone, ex assessore alla Sanità della Regione Lombardia ed esponente di spicco di Comunione e Liberazione. Si tratta di un filone parallelo all’indagine sul crac del San Raffaele, che vede questa volta implicata la Fondazione Maugeri di Pavia. Secondo i pubblici ministeri, i manager della casa di cura pavese avrebbero distratto 70 milioni di euro dalle casse della fondazione per trasferirli in fondi neri all’estero.
Per ordine del Gip Vincenzo Tutinelli, oltre a Simone, sono finiti in carcere Massimo Claudio, consulente della Fondazione, Costantino Passerino, direttore amministrativo e Gianfranco Mozzali, legale rappresentante di una società collegata alla Maugeri. Ai domiciliari, per via della tarda età (71 anni), il presidente della Fondazione, Umberto Maugeri. Le accuse vanno dal riciclaggio, all’appropriazione indebita, all’intestazione fittizia di beni fino all’associazione a delinquere.
Al centro dell’inchiesta anche Pierangelo Daccò, intermediario del San Raffaele e anch’egli vicino a Comunione e Liberazione. Daccò, già a San Vittore per le implicazioni nel dissesto finanziario del colosso sanitario fondato da Don Verzè, è stato raggiunto giovedì scorso da un secondo ordine di custodia per il caso Maugeri.
Il presidente Formigoni si è sempre dichiarato estraneo ai fatti, nonostante siano terminati sotto la lente d’ingrandimento della Procura di Milano personaggi legati a doppio filo alla sua figura. In un’intervista rilasciata domenica scorsa al Tg3, Formigoni si è difeso senza quartiere dalle voci che lo vedrebbero coinvolto: “Sia la [Fondazione] Maugeri che il San Raffaele sono realtà con succursali in tutta Italia, istituti d’eccellenza. Quindi, semmai, è qualcosa che riguarda l’Italia. Certo, guardo con preoccupazione a questi fenomeni, inaccettabili da qualunque parte; ma ho la coscienza pulita sul fatto che Regione non poteva fare di più. Sono i prefetti che controllano i bilanci delle fondazioni, non la Regione né lo Stato”.
“Gli elementi che stanno emergendo – ha proseguito Formigoni – riguardano integralmente aziende e rapporti tra privati. Non un euro è stato distratto da fondi della Regione né dello Stato”. Una difesa, quella del governatore, tutta incentrata sulla totale estraneità della Regione Lombardia alle accuse formulate dalle inchieste della Procura di Milano. I risvolti penali riguarderebbero esclusivamente i soci della Fondazione, non essendo altresì sottoposto a indagine alcun componente della giunta regionale. "Tentano di farsi scudo con il mio nome – ha altresì dichiarato Formigoni – ma in Lombardia non è mai stato sottratto un euro di denaro pubblico".
Tuttavia, il Corriere della Sera di oggi, con un articolo a firma Luigi Ferrarella e Giuseppe Guastella, riporta le dichiarazioni di Giancarlo Grenci – fiduciario svizzero di Pierangelo Daccò – contenute nel verbale dell’interrogatorio del 14 Dicembre scorso in merito all’indagine sul San Raffaele. In tale occasione Grenci avrebbe svelato importanti particolari del rapporto intercorrente tra Daccò e il governatore lombardo. Alcune note contabili prodotte da Grenci, infatti, proverebbero i “pagamenti di viaggi” di Daccò a Formigoni, al suo collaboratore Alberto Perego e al fratello del governatore, Carlo.
Ora, indipendentemente dai risvolti giudiziari della vicenda, e fermo restando l’applicazione del sacro e inviolabile principio della presunzione di non colpevolezza nei confronti di chiunque – anche e soprattutto nei confronti di chi, come Formigoni, non è nemmeno indagato – la documentazione prodotta da Grengi getta un’ombra inquietante sul governatore della Lombardia, a cui, evidentemente, Formigoni dovrà dare delle risposte.