Cedendo alle pressioni dei sindacati, il governo spinge in su lo spread

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Cedendo alle pressioni dei sindacati, il governo spinge in su lo spread

17 Aprile 2012

L’incubo spread è tornato ad aggirarsi in Europa. In Italia e Spagna l’allarme è particolarmente elevato, dopo la settimana di passione che le Borse hanno vissuto. Il differenziale tra Bonos spagnoli e Bund tedeschi ha toccato il record di 440 punti base, sintomo che gli investitori paventano un serio rischio sul debito di Madrid. Anche in Italia la situazione resta particolarmente delicata, con il valore dello spread che oramai sembra aver individuato la sua banda di oscillazione d’equilibrio tra i 300 e i 450 basis points.

Tutto ciò fa in modo che la spesa per interessi sul debito continui a salire senza sosta. Con uno spread a questi livelli, la componente degli interessi passivi sul debito dovrebbe oramai toccare gli 80 miliardi di euro, e potrebbe sfondare la soglia 100 miliardi nel 2015. Una crescita inarrestabile che fa perdere il sonno a Monti, dopo l’ottimismo che aveva seguito la rapida caduta degli spread, arrivati sotto la soglia dei 300 basis points. Da quel momento, però, gli sono aumentati di circa 100 basis points, un’inversione di tendenza che ha spiazzato lo stesso premier e che rischia di indebolirne l’immagine a livello internazionale. Il destino di Italia e Spagna sembra quindi inesorabilmente legato a doppio filo, poiché molti investitori cominciano a credere che i due paesi possano seguire la Grecia nell’opzione di ristrutturazione del loro debito pubblico.

Ma cosa ha causato questa brusca impennata degli spread? La principale causa è legata alla perdita di reputazione che Monti ha dovuto subire per effetto delle mancate riforme promesse nel suo road show internazionale. In particolare, l’arretramento mostrato di recente dal premier nei confronti dei sindacati, relativamente alla riforma del lavoro, è stato un atteggiamento che i mercati hanno assorbito molto negativamente, dopo che essi avevano visto per lungo tempo Monti come la nuova Tatcher o il nuovo leader che avrebbe traghettato l’Italia fuori dalla crisi. I mercati si sono quindi sentiti traditi da questa debolezza e hanno reagito perentoriamente, aumentando subito la richiesta di rendimenti elevati per acquistare titoli di debito italiano.

Il destino delle finanze pubbliche italiane sembra quindi essere appeso all’andamento che lo spread avrà nel futuro prossimo. E quest’andamento, ormai i mercati lo hanno dimostrato, dipenderà unicamente dai contenuti della riforma del lavoro. Se il testo attuale verrà modificato, accogliendo le proposte di Confindustria, che chiede di diminuire i costi del licenziamento e del contenzioso, condizione senza la quale nessun aumento di occupazione è possibile, è probabile che gli investitori internazionali riacquistino fiducia nel sistema italiano e riducano il rendimento atteso richiesto.

Se, al contrario, il testo dovesse rimanere quello attuale, troppo sbilanciato verso la posizione della Cgil, come ha avuto modo di definirlo Alfano, è possibile che gli spread aumentino ulteriormente. A quel punto nessuno sarebbe in grado di dire cosa potà accadere al bilancio statale. Se la componente in conto interessi dovesse aumentare ancora, si complicherebbe la possibilità di arrivare al pareggio di bilancio nei tempi concordati dall’Italia con l’Unione Europea. Una grossa tegola, considerando che la crescita italiana continua a regredire, anziché migliorare. Il rimpicciolimento della nostra economia sta arrivano a livelli preoccupanti, secondo i dati recentemente diffusi. E, se la situazione dovesse ulteriormente peggiorare, l’ipotesi default non sarebbe da scartare. E’ bene che tutti ne siano coscienti.

E’ necessario, quindi, che il governo cominci a dimostrare più fermezza e non si lasci catturare dai sindacati. Solo con un mercato del lavoro più flessibile è possibile rilanciare l’occupazione, l’impresa e quindi la produzione. Monti avrebbe dalla sua parte un grande potere di minaccia nei confronti della Cgil, facendole capire che se la riforma non passerà saranno i sindacati a doversi assumere la responsabilità delle reazioni violente che i mercati finanziari mostrerebbero. Una nuova crisi di governo sarebbe il colpo di grazia per l’economia italiana e avrebbe delle conseguenze pesantissime. Se le forze della maggioranza non vogliono che l’Italia arrivi fino a questo punto, è bene che comincino a prendere tutti le distanze dalle posizioni anacronistiche dei sindacati.