Se non si abolirà l’Imu sarà impossibile fermare il crollo dell’immobiliare
20 Giugno 2012
E’ successo quello che tutti potevano ragionevolmente prevedere. Nella giornata di ieri l’Agenzia del Territorio ha diffuso la Nota sull’Osservatorio del mercato immobiliare relativo al primo trimestre del 2012. E i dati sono drammatici. La Nota ha evidenziato come, "dopo la lieve ripresa registrata negli ultimi due trimestri del 2011, nel I trimestre 2012 il mercato immobiliare italiano disattende i segnali positivi e torna a mostrare elevati tassi di flessione: il tasso tendenziale annuo del volume di compravendite nel primo trimestre del 2012 (variazione percentuale del I trimestre 2012 rispetto al I trimestre 2011) per l’intero settore immobiliare risulta, infatti, pari al -17,8%." I settori più colpiti sono stati il residenziale e il terziario, con un crollo pari a -19,6%. A Roma il crollo è stato pari a -20,6% mentre Milano ha risentito meno della crisi, con una variazione pari a -10,7%.
E’ persino superfluo spiegare le cause di questo crollo verticale del settore che tradizionalmente rappresenta il volano dell’economia italiana, quello edilizio. Innanzitutto, la crisi che ha ridotto i redditi delle famiglie con conseguente contrazione del risparmio. Secondo l’Istat, nel 2011 la propensione al risparmio (quota di risparmio in percentuale al reddito) si è attestata al 12%, il livello più basso registrato dal 1995. Inoltre, secondo una analisi redatta da Intesa Sanpaolo e dal Centro di Ricerca e Documentazione Luigi Einaudi solo il 38,7% delle famiglie italiane riesce ancora a risparmiare una quota del proprio reddito e quasi la metà (46,2%) ha addirittura iniziato a intaccare le proprie riserve, mentre la percentuale di chi giudica sufficiente il proprio reddito per il mantenimento del tenore di vita è scesa al minimo storico (45,7%). In una situazione dove una famiglia fa fatica ad arrivare a fine mese soltanto per far fronte ai bisogni più elementari, l’acquisto di una casa diviene un lusso che non ci si può più permettere. Per via anche di altri fattori.
Il primo è quello dell’accesso al credito per ottenere un mutuo. Se fino agli anni Novanta il mercato del lavoro era caratterizzato da una elevata percentuale di giovani impiegati a tempo indeterminato, con uno stipendio fisso che garantiva loro una entrata stabile da poter presentare in banca per ottenere un mutuo, il mercato del lavoro di oggi è, come tutti sappiamo, caratterizzato da una estrema precarietà unita ad un livello di reddito d’inserimento particolarmente basso. Pochi soldi per i giovani, poche garanzie da presentare in banca e, quindi, niente mutuo. Il secondo è quello del prezzo degli immobili. Il mercato immobiliare italiano, per via di una componente sociologica insita nella nostra società, che almeno fino a pochi anni fa vedeva nel connubio matrimonio-casa uno stereotipo intaccabile, è caratterizzato da una bassa elasticità della domanda al prezzo. In altri paesi, come Spagna e Regno Unito, i prezzi delle case oscillano in maniera molto più marcata, riducendosi drasticamente nei periodi recessivi, consentendo così al mercato di allinearsi con il livello di reddito reale. In Italia questo non accade, la casa è sempre stata vista come un bene inattaccabile.
Tuttavia, anche questo carattere della nostra società sembra essere venuto meno. Il venirsi a creare di nuove forme di nuclei famigliari, come le coppie di fatto, o le famiglie allargate, fenomeno pressoché inesistente fino a qualche decennio fa, ha generato un concetto di famiglia molto più "flessibile", con la conseguenza che, per effetto dell’aumento del dinamismo nel creare e ricreare nuove famiglie, è aumentato anche la mobilità da una casa all’altra. Poiché l’unità della famiglia è venuta a rompersi, i giovani non credono più che vivere in una stessa casa per sempre sia ancora lo scenario più realistico. Di conseguenza, adattano le proprie scelte di spesa al nuovo stile di vita, scegliendo soluzioni economicamente più flessibili, come il vivere in affitto, che permette di evitare il pagamento di costi fissi legati all’acquisto di una casa (spese iniziali e rate del mutuo). Di conseguenza, è prevedibile che in futuro ci possa essere un sempre minor interesse dei giovani ad acquistare casa, riducendo così la domanda nel settore immobiliare.
Capitolo IMU. Non può essere un caso che il crollo del mercato sia avvenuto proprio nel periodo dove il governo ha deciso di introdurre la tassa sulla prima casa. Per molte famiglie questa imposta ha significato un aggravio molto consistente sul bilancio famigliare. Per non parlare di quelle numerose famiglie, nemmeno ricche, proprietarie di seconde case, nella maggior parte dei casi ereditate, che si sono trovate centinaia di euro (in alcuni casi migliaia) da pagare nel giro di un anno. Per mantenere un patrimonio consistente è necessario avere un reddito elevato. Quanto il secondo si riduce, come in Italia, mantenere il primo diventa impossibile. E, infatti, numerosi sono i proprietari che hanno venduto, o stanno pensando di vendere, i propri valori immobiliari. Meno reddito, più tasse e meno patrimonio. Questo lo scenario futuro più plausibile, a seguito della politica di tassazione scelta dal governo.
Il centro destra si è sempre opposto alla reintroduzione della patrimoniale sulla prima casa, presagendo questi effetti devastanti sul mercato immobiliare e sul bilancio delle famiglie. La Nota dell’Agenzia del Territorio conferma come queste previsioni erano fondate e come il governo abbia scelto una politica fiscale insostenibile. E a nulla serve replicare che l’IMU serve per fare cassa, poiché l’economia non si può governare solo dal punto di vista contabile. E’ necessario considerare anche gli effetti distorsivi che ogni imposta genera nel mercato, gli effetti reattivi degli agenti economici, che faranno di tutto per evitare il pagamento della tassa. In Italia questo purtroppo non viene mai fatto. Basti pensare alla quasi inesistenza di seri corsi universitari di economia della tassazione. Essere ottimisti nell’introdurre una tassa non è mai un atteggiamento che paga.
Per questo motivo, credo che il governo debba pensare all’abolizione immediata di questa tassa. Per quest’anno è andata. Ma dall’anno prossimo si deve sottoscrivere da subito l’impegno a toglierla dalla legislazione vigente. Questo non per motivazioni ideologiche ma pragmatiche. Se così non fosse, il crollo dell’immobiliare è destinato a proseguire e potrebbe trascinare l’intera economia reale in una crisi dalle conseguenze difficilmente prevedibili