Monti ha 10 giorni per fare ingoiare alla Merkel il suo piano ‘salva euro’

Banner Occidentale
Banner Occidentale
Dona oggi

Fai una donazione!

Gli articoli dell’Occidentale sono liberi perché vogliamo che li leggano tante persone. Ma scriverli, verificarli e pubblicarli ha un costo. Se hai a cuore un’informazione approfondita e accurata puoi darci una mano facendo una libera donazione da sostenitore online. Più saranno le donazioni verso l’Occidentale, più reportage e commenti potremo pubblicare.

Monti ha 10 giorni per fare ingoiare alla Merkel il suo piano ‘salva euro’

21 Giugno 2012

“I prossimi dieci giorni saranno decisivi” per salvare l’euro, ha affermato Mario Monti a Los Cabos in Messico più di un giorno fa, prima di riprendere l’aereo di funzione per l’Italia (vorremmo far notare che solo qualche mese fa, il primo ministro inglese David Cameron prese un aereo di linea British Airways per andare negli Usa in visita ufficiale, così tanto per buttarla sulla spending review).

Stando sulla notizia, se non fosse che di toni apocalittici in questo ultimo anno di crisi fiscale dell’Europa ce ne son toccati parecchi, ogni volta sedati da un rientro arbitrario nei ranghi della normalità delle varie trombette della stampa italiana (i titoli eccessivi à la ‘Il Mattino’ de ‘Il Sole 24 Ore’, i vari “Fate presto” e il “Schnell, Frau Merkel” e il silenzio assordante dei giorni seguenti ne sono buona esemplificazione), verrebbe da sorvolare benevolmente sull’ennesima dichiarazione apocalittica del presidente Monti.

Eppure i prossimi dieci giorni hanno qualcosa d’effettivamente decisivo, ma in un modo diverso dalla rappresentazione apprensiva ‘salva Italia, salva euro’ offerta a più riprese dal premier italiano. In verità, tra il 22 Giugno, giorno dell’incontro a Roma tra Mario Monti, Angela Merkel, François Hollande e Mariano Rajoy e il 28 Giugno, data del prossimo Consiglio europeo previsto a Bruxelles, nulla verrà salvato – come ha fatto notare l’economista Paolo Savona su questo giornale i leader europei devono prendere atto che l’euro non è salvabile almeno fino a quando non si agirà accettando che esso è espressione di “un’area monetaria non ottimale” -, ma al massimo devoluti ulteriori poteri, e leve, all’Europa.

L’idea del premier Mario Monti – articolata e spedita ai piani alti di Bruxelles e delle varie cancellerie europee dal ministro per le politiche comunitarie Moavero – di far acquistare al fondo di stabilizzazione europeo, il Efsf (da Luglio si chiamerà European stability mechanism, ESM) i titoli di debito dei paesi dal maggior debito pubblico – Italia, Spagna e Portogallo – con l’obiettivo d’arginare la dinamica verso l’alto che hanno subito i rendimenti dei bond di questi paesi, deve essere guardata in prospettiva. Chi controllerà l’ESM? Già oggi i maggiori trasferimenti dentro il fondo di stabilizzazione sono effettuati dal ministero delle finanze tedesco. Questo vuole dire che si tratterebbe di esborsi tedeschi e di sempre maggiore potere berlinese in Europa.

Ora, di anti-germanismo in circolazione ve n’è parecchio e se ne può anche morire, e chi scrive v’è scivolato in qualche circostanza, non per pregiudizio si dica, ma per uggia verso quei conflitti d’interesse che attanagliano il governo d’Angela Merkel in questa crisi fiscale europea (una volta per tutte si dica che se è vero che i paesi della periferia dell’Europa, come Spagna, Italia e Portogallo, hanno goduto negli ultimi dieci anni dei benefici derivanti da bassi tassi d’interesse grazie all’accesso ad un’area monetaria fondata sul solido marco tedesco, è altrettanto vero che con l’Unione monetaria europea la Germania ha potuto con maggiore facilità penetrare commercialmente i mercati interni dell’Ue, traendo da ciò grande beneficio per le proprie imprese e le casse federali tedesche).

Qualora comunque il piano Monti-Moavero dovesse prendere quota tra l’incontro di Roma del 22 e quello di Bruxelles del 28 Giugno (Angela Merkel non avrebbe chiuso preventivamente alla proposta), in un futuro non molto lontano significativi ammontari di debito italiano potrebbero finire dentro la pancia di questo grande fondo di stabilizzazione europeo, di fatto sotto egida politica tedesca.

Se a questa cessione di potere – perché tale è come dimostra il caso della Cina sul debito Usa, visto che è pacifico che all’aumentare della quantità di titoli di debito di A detenuti da B, aumenta il leverage di B su A -, si aggiungono i sempre più incessanti richiami alla nascita di un’unione politica europea, dopo quella economico-monetaria, con la creazione di un’autorità centrale europea di vigilanza come primo banco di prova, ne viene fuori l’ennesimo spostamento, non vagliato dall’elettorato dell’Ue, verso un centro europeo di poteri e leve decisionali.

Ammesso e non concesso, poi, che l’equazione ‘unità politica europea uguale panacea di tutti i mali’ dell’Europa sia corretta. Così come resta in piedi il problema della tempistica: davvero l’Europa è oggi in condizione di raccogliere tale sfida? Una domanda a cui l’economista Luigi Zingales dava ieri risposta negativa su Il Messaggero. Ci pare che qualora un’unione politica europea venisse perseguita senza un esplicito consenso delle genti europee, essa sarebbe destinata a nascere amputata di quel felice spirito di verginità di cui si sente spirare la brezza quando, spesso violentemente, nascono le nazioni.

Ma soprattutto ci pare che la perseveranza dimostrata dalla maggior parte delle leadership continentali europee nell’ignorare le vere cause della crisi fiscale in corso – che nel caso italiano sono un eccesso di spesa pubblica, un intollerabile livello di pressione fiscale e il costo morale ed economico di trent’anni di controllo delle nascite – sia ‘Il’ problema davvero insoluto.

Insomma, se nei prossimi dieci giorni, il famoso Geheimplan, il piano segreto per la nuova Europa di cui parlava il Die Welt qualche settimana or’ sono, dovesse davvero essere scodellato sopra le teste dei cittadini delle nazioni dell’Ue, da europei non solo potremmo intristirci per la povertà emergenziale del metodo intrapreso (non riuscite a farcela amare l’Europa e vi tocca somministrarcela come una medicina!), ma dovremmo iniziare a preoccuparci sulle reali intenzioni dei nostri governanti.

Questo dando per scontato che d’intenzioni ne abbiano e che siano le migliori per la nostra comunità nazionale. Forse finiremmo anche noi a raccontare i nostri maledetti leader europei con il famoso adagio di Churchill sugli americani, ma stavolta al contrario: "Puoi sempre contare che gli europei finiscano per fare la cosa sbagliata, dopo aver esaurito tutte le altre possibilità".