Adesso che Mursi è presidente si può dire: Mubarak fu vittima di un golpe

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Adesso che Mursi è presidente si può dire: Mubarak fu vittima di un golpe

27 Giugno 2012

La rivolta egiziana fu un colpo di Stato, coperto da Obama. Oggi il quadro si fa più chiaro. I generali egiziani, strettamente legati alla CIA, videro Mubarak preparare la sua successione con un figlio; e videro anche la sua famiglia allargarsi oltre misura sul potere e sull’economia. Quindi dettero il via al “golpe”. La cronaca di più di un anno fa è nota; i commentatori si divisero; alcuni parlarono di rivolta popolare; altri (pochi)  di colpo di stato. Avevano ragione i secondi.Gli europei ,in maniera scomposta e ingenua, parlarono di primavera araba, di democrazia, di partiti e parlamento all’occidentale.

Dal momento della destituzione di Mubarak, il potere è rimasto strettamente nelle mani dei militari, che come noto non solo gestiscono tutto il sistema econmico “difesa”, ma anche un grande patrimonio immobiliare e produttivo del Paese. I generali avevano da fare una scelta; o sostituire direttamente Mubark con uno di loro, sfidando la società civile e in particolare i “fratelli musulmani”, unica forza politico-religiosa estesa a rete in tutto il territorio nazionale e ormai in gran parte dei Paesi islamici; o cercare un Presidente “civile”, non ostile a loro e al loro sistema di interessi e di potere.

Hanno imboccato questa seconda strada. Hanno lasciato processare Mubarak ed eliminato la sua famiglia dal potere. Hanno seguito con prudenza la piazza. Hanno eliminato dalla corsa alla presidenza tutti i candidati scomodi, con troppa visibilità o personalità. Hanno consentito l’elezione irregolare di un Parlamento, lasciato di fatto nelle mani dei “fratelli musulmani “. E poi, in piena elezione presidenziale, le “coup de theatre”; il Parlamento viene sciolto per gravi irregolarità elettorali; viene riammesso nella corsa alla presidenza Ahmed Chafiq, ex generale e ministro di Mubarak, dal volto buono; viene programmata l’istituzione di un’Assemblea incaricata di riscrivere la Costituzione.

I “fratelli musulmani”, anche per loro divisioni interne avevano già ripiegato su un candidato serio, ma di seconda fila nelle loro gerarchie interne (  lo avevano definito “la ruota di scorta”) : Mohamed Morsi, ingegnere civile ,figlio di contadini con studi in America (  qualche relazione col potere di Mubarak ?). Morsi è soprattutto integrato nel movimento dei “fratelli musulmani “; è stato un suo dirigente e ha fatto politica attiva, con capacità di mediazioni e di alleanze.

Le elezioni le ha vinte Morsi, ha dichiarato il capo dei militari, il maresciallo generale Hussein Tantawi, il vero padrone dell’Egitto, assieme ai suoi generali. Non poteva essere diversamente, volendo evitare una guerra civile o effettiva o strisciante. Morsi è messo alla prova : deve accettare nella forma o anche nella sostanza alcune minuscole condizioni; il sistema della difesa interna ed esterna dipende non dal Presidente, ma dai militari (compresa la gestione del loro immenso patrimonio); i militari sono i garanti della futura vita politica egiziana, quindi devono decidere sulla nuova assemblea costituente e su regole e date per nuove elezioni legislative.

Tantawi quindi controlla la “forza” (militari e polizia), gran parte dell’economia (il sistema patrimoniale e produttivo militare), la politica (Costituzione e Parlamento). Cosa poteva fare Morsi, se non accettare? Fare la guerra al potere militare, ben più radicato in Egitto di quello dei” fratelli musulmani”, e per di più “armato”? Ha accettato e negozia .Cerca di ottenere potere di gestione per i “fratelli musulmani”, anche per superare divisioni interne e radicalismi. Guarda pure alle altre confessioni religiose, a cominciare da quella copta, che ha subito inserito nel proprio gruppo politico.

Gestisce l’adozione della “sharia” (la Legge della Stato è solo quella coranica), cercando di darne interpretazioni egiziane e moderne, con equilibrismi teologici assai complicati. Tesse relazioni internazionali, con la premessa che i trattati che l’Egitto ha fatto saranno tutti rispettati. E Israele? I “fratelli musulmani” (di cui fa parte il movimento palestinese Hamas) sono per la scomparsa del Paese ebraico; Morsi potrà anche desiderarlo; ma non potrà fare nulla contro il volere dei suoi militari; quindi si adatterà a negoziazioni, come tutti gli altri Paesi arabi.

I dirigenti israeliani sembrano aver capito il senso di tutta questa storia (e forse l’hanno anche …controllata)  e non sembra che si strappino i capelli più di tanto. E la piazza? La piazza si svuoterà.