De Vivo ostaggio dei partiti che l’hanno sostenuto, decidono loro la Giunta
04 Giugno 2012
Di solito il conto viene portato alla fine della cena. Invece al sindaco di Isernia, Ugo De Vivo, è arrivato prima ancora che si sedesse a tavola. I partiti di centrosinistra, che gli hanno dato fiducia (ripagata con una vittoria al ballottaggio), non hanno atteso e si sono presentati al tavolo del primo cittadino. E chissà che faccia avrà fatto l’avvocato quando ha visto quanto sarà costretto a pagare, almeno in termini di credibilità.
Perché l’illusione di un cambiamento di metodo e uomini è durata poco più di una settimana. Fino a quando la politica non si è riappropriata dei propri spazi. Adesso è il tempo di spartirsi poteri e poltrone. Un momento in cui non si guarda in faccia a nessuno, nemmeno ad un sindaco alla sua prima esperienza amministrativa e con tanta voglia di lasciare un segno positivo.
Il primo cittadino, che deve confrontarsi quotidianamente con l’anatra zoppa (21 consiglieri di centrodestra), si è presentato al tavolo delle trattative con la proposta di una giunta a quattro, composta esclusivamente da tecnici non candidati alle scorse elezioni amministrative, così come auspicato anche dal Pdl. E i nomi presentati sono di tutto rispetto. Si tratta di Italo Spagnuolo Vigorita, già dirigente generale di Palazzo San Francesco, del notaio Michele Conti, dell’ex magistrato Enrico Papa e di Gabriella Petrollini, dirigente della Provincia. Un esecutivo di professionisti, vicini al centrosinistra, ma con indubbie capacità.
Una scelta, quella di Ugo De Vivo, bocciata però dai vertici di partito. Perché loro il manuale Cencelli non possono metterlo da parte e soprattutto devono accontentare i consiglieri comunali che hanno ottenuto più preferenze. Dopo la prima fumata nera, il primo cittadino si è ripresentato al tavolo delle trattative con un altro foglio. Sul quale stava lo schema di una giunta mista: due tecnici e due politici. Per quanto riguarda i due professionisti i nomi scelti sono stati quelli di Vigorita e quello della Petrollini. Vicino alla parte dell’esecutivo a marchio politico due caselle vuote, in attesa che fossero riempite da Pd, Idv e Sel. Maria Teresa D’Achille (Italia dei Valori) e Luciano Sposato (Partito Democratico), sono stati loro i prescelti. In tal modo De Vivo ha pensato di aver soddisfatto le esigenze di tutti. Ma probabilmente il centrosinistra, dopo anni di digiuno a livello amministrativo, ha sentito la necessità di far valere i propri diritti di vincitore. Anche quest’ultima soluzione, dunque, è sembrata una sorta di segnale di debolezza nei confronti di un centrodestra che, nonostante abbia perso Palazzo San Francesco è forte della maggioranza, e che soprattutto ha già dettato le sue condizioni per la sopravvivenza della nuova legislatura.
E così ecco prendere forma la proposta (probabilmente definitiva) sottoscritta nell’ultima riunione: tre assessori scelti dai partiti ed un esterno, fondamentale quest’ultimo per andare incontro alle esigenze di De Vivo. Così sarà la nuova giunta. Per quanto riguarda il tecnico, è stato raggiunto l’accordo su Vigorita, ma la novità questa volta è sul nome del terzo consigliere che entrerà a far parte dell’esecutivo. Oltre a Sposato e D’Achille, sarà Franco Capone (Idv) il “terzo moschettiere”. Il dirigente scolastico vestirà anche i panni del vicesindaco. Per buona pace di Sinistra Ecologia e Libertà che resterà a guardare. Per il centrosinistra, infatti, Capone è una figura super partes. Non per il Pdl che di certo metterà il veto a questa giunta. Da definire, inoltre, la posizione del partito di Vendola che dovrà restare a guardare mentre gli altri si leccheranno i baffi.
Ma a rimetterci, ancora una volta, sarà il neo sindaco, che si trova tra due fuochi. E cosa più importante, in pochi mesi di esperienza politica ha già capito che il mondo in cui è finito non è di certo tutto rose e fiori. Forse si aspettava più comprensione da chi lo ha sostenuto. De Vivo si auspicava maggiore libertà decisionale. Iniziare il suo mandato senza poter scegliere i suoi uomini fidati è un segnale inequivocabile di resa ai voleri di chi agisce dietro le quinte.
Che sia l’inizio della fine di un idillio nato in campagna elettorale e frantumatosi al momento di amministrare? Se così fosse, non ci sarebbe di che meravigliarsi. D’altra parte, l’onestà intellettuale dell’avvocato pentro sembra non sposarsi con le logiche di spartizione di poteri a cui potrebbe assistere senza riuscire battere ciglio. E come tutte le storie d’amore che si concludono male, le ferite potrebbero essere troppo profonde per essere sanate.