Sulle regole Renzi non ci sta e chiede un passo indietro a Bersani

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Sulle regole Renzi non ci sta e chiede un passo indietro a Bersani

04 Ottobre 2012

Le primarie della discordia. Già, le consultazioni interne al centro-sinistra per scegliere il candidato premier alle politiche della primavera del 2013 stanno assumendo sempre più le sembianze di una vera e propria battaglia tra la segreteria di Pier Luigi Bersani e l’outsider Matteo Renzi. I motivi dello scontro sono presto detti: a differenza del 2005 (Prodi), 2007 (Veltroni) e 2009 (Bersani), queste sono primarie vere. Meglio, di cui non si conosce già prima del voto il vincitore. E allora, modifiche alle regole. L’assemblea del Partito democratico si riunirà sabato prossimo e, secondo quanto riportato in questi giorni dai principali quotidiani italiani, da essa dovrebbero scaturire una serie di correttivi rispetto alle norme delle primarie precedenti.

Doppio turno (vittoria al primo con il 50%+1 dei voti, ndr), albo degli elettori e dichiarazione di sostegno, le principali novità. Chi vorrà votare, il 25 novembre e il 2 dicembre prossimi, dovrà ritirare un certificato elettorale entro un giorno prima delle votazioni o la domenica stessa. Inoltre, divieto di voto al secondo turno nel caso in cui il potenziale elettorale non dovesse recarsi alle urne al primo. E ancora, come già anticipato, i partecipanti sottoscriveranno – una volta ritirata ‘la scheda’ – una dichiarazione di sostegno, d’impegno al centrosinistra. D’adesione alla coalizione, insomma.

Ecco, dall’analisi dettagliata di tali previsioni non possono non scaturire talune osservazioni di carattere critico. L’albo degli elettori, evidentemente, sembrerebbe essere una regola tagliata su misura sul candidato segretario Pier Luigi Bersani e avrà un forte impatto dissuasivo sui renziani. Perché? Semplice, il sindaco di Firenze ha un elettorato meno ‘ideologico’. Il primo cittadino di Firenze, infatti, si rivolge prevalentemente al di fuori dell’apparato democrat. Bersani, invece, ha dalla sua un elettorato ben più disciplinato e partitico. Ha dalla sua il blocco del fu Pci-Pds-Ds. Un elettorato del tutto scevro da condizionamenti. Non solo. Anche il doppio turno dovrebbe avvantaggiare Bersani. Sia nel caso dovesse esservi un ballottaggio con Renzi (più probabile), sia con Vendola (assai meno).

E la quaestio della ‘dichiarazione di sostegno’? Ai limiti dell’assurdità, va detto. Nella misura in cui, allo stato, non si comprende a quale centro-sinistra dovrebbe aderire l’elettore delle primarie. Il Pd, come noto ai più, è spaccato in due. Da un lato gli ultras dell’agenda Monti, riunitisi sabato al Tempio di Adriano: Ichino, Ceccanti, Follini e Morando e altri; dall’altro la segreteria: Bersani, Fassina e Orfini. E Renzi e Vendola, certo. E allora? Be’, di fronte a evidenze fattuali di tale portata, all’esistenza di più centro-sinistra in uno, la sottoscrizione della dichiarazione de quo non avrebbe alcun senso.

Immediata la reazione di Matteo Renzi, giovedì mattina dalle pagine de L’Unità: “Non capisco perché il Pd debba aver paura di primarie aperte e libere. Se il cambiamento delle regole è una mossa dettata dalla paura, allora è meglio che non facciano le primarie. Se vogliono farle finte, lo dicano", ha affermato il sindaco. “Regole assurde”, le definisce senza fronzoli. E ancora, "inaccettabile arrivare a dover ritirare una tessera" e "allucinante un doppio turno in cui può votare solo chi ha votato al primo”. Renzi ha poi trovato una sponda in Walter Veltroni se è vero che, l’ex sindaco di Roma, ha parlato della necessità di entrambi (Renzi e Bersani, ndr) di raggiungere un accordo e, quindi, di addivenire a un compromesso.

Infine, Antonio Di Pietro: si candida alle primarie “se di programma”. Peccato da qualche mese a questa parte e in ogni occasione, il Pd abbia dichiarato l’Idv fuori da qualsiasi genere di alleanza di centro-sinistra.