Se Grillo riempie le piazze, Giannino fa straripare i teatri: basterà?
22 Ottobre 2012
Ha sciolto la riserva. Dopo qualche mese di futuro incerto e felicità a momenti, Oscar Giannino si è deciso al grande passo: “Chi non ci sarà alle prossime regionali nel Lazio e in Lombardia non ci potrà essere alle politiche. Abbiamo sette settimane per organizzarci”. Fermare il declino sarà della partita nelle prossime elezioni amministrative. E ha tutta l’intenzione di esserci anche quando si deciderà la composizione del prossimo Parlamento. Una decisione maturata insieme ai “gemelli” di Italia Futura, il think-tank montezemoliano, unico sparring partner – almeno a dar retta a quel che dicono entrambi – dell’avventura elettorale del movimento.
L’annuncio è arrivato da un affollatissimo Teatro Quirino di Roma, dove Giannino&soci hanno arringato a una platea assai composita, ben disposta ad assecondarne all’applausometro le bordate contro un Palazzo sempre più arroccato nella difesa corporativistica dell’esistente. Michele Boldrin, Luigi Zingales, Carlo Stagnaro e Piercamillo Falasca hanno animato un podio vivace, sul quale tuttavia si è notata l’assenza di donne. Se Beppe Grillo riempie le piazze, Giannino fa straripare i teatri. Quale ricaduta elettorale possa avere l’entusiasmo che anima i quasi quarantamila anti-declinisti, è tutto da vedere.
Il coté gianniniano prende il meglio del liberalismo d’oltreoceano e del pensiero liberal europeo, e lo declina in una chiave efficientista che, se fa storcere il naso ai puristi del genere, trova molto appeal nella classe media del Belpaese. Molti entusiasti della prima ora, però, scorgono nel Movimento le tracce di “populismo tecnico”. Tracce intraviste anche sabato mattina, a Roma.
“Alitalia non è un bene comune, ma un male comune”, ha tuonato Boldrin. “Siamo qui oggi perché è fallita la Seconda repubblica” , ha fatto eco Falasca. “O facciamo una rivoluzione democratica – ha chiosato Zingales – o la rivoluzione la faranno altri, ma di democratico avrà ben poco”. Resta il fatto che quella di Fermare il declino rimane a oggi l’unica proposta politica che mira ad abbattere le incrostazioni del consociativismo del comparto pubblico attraverso una piattaforma che punta a interventi mirati che liberino le energie della concorrenza e del merito. L’attacco dei gianniniani non si muove sulle coordinate del consunto adagio “pubblico è brutto, privato è bello”. Al centro della proposta di Fermare il declino è lo scardinamento di un sistema corporativo i cui meccanismi determinano anche l’agire dei grandi gruppi privati. “È mai possibile che, con il valore delle azioni ridotto a pochi centesimi, l’ad di Monte dei Paschi venga comunque pagato 13 milioni di euro?”, si è domandato Zingales. “Siamo ostaggi di una politica redistributiva a favore dei gruppi di interesse meglio organizzati”, ha spiegato Alessandro De Nicola.
Un messaggio destinato a intercettare il disagio delle classi colte e produttive, ma il cui tasso di sofisticazione potrebbe essere d’ostacolo nello spostare considerevoli masse di elettori. Giannino ne ha consapevolezza, e per questo ha lanciato un accorato appello alla mobilitazione: “Se eleggiamo un Parlamento di matti, composto da politici falliti e da populisti, l’Fmi ci commissaria in un paio di settimane”.
La prova delle regionali potrebbe essere il volano per una buona affermazione alle urne. L’effetto boomerang è dietro l’angolo. Percentuali da unovirgola potrebbero uccidere la creatura di Giannino già al primo vagito.