Quella tra il Cav. e Alfano assomiglia sempre più a una partita a scacchi
28 Ottobre 2012
Chi darà scacco matto? Tra il passo indietro e il balzo in avanti del Cav. c’è un partito al bivio. E c’è un segretario che, per ora tace in attesa del voto in Sicilia, ma dovrà decidere in fretta la linea. Perché quella declinata da Berlusconi è già un programma elettorale che, specie, sull’agenda economica e il sostegno al governo Monti rompe ciò che proprio Alfano in questo anno lungo e complicato per il Pdl ha pazientemente costruito. Al punto che dall’auspicio di un Monti potenziale leader dei moderati siamo passati a un Monti-avversario da far cadere prima del voto, previa apposita consultazione di partito. Chi darà scacco matto? Perché, a questo punto, quella tra il Cav. e Alfano appare sempre più una partita a scacchi.
Certo è che le cannonate sparate dal ‘fortino’ di Villa Gernetto hanno già prodotto due effetti dalle conseguenze strategiche: da un lato un’ipoteca sulle primarie per la scelta del candidato premier, nonostante Berlusconi abbia ribadito che lui non sarà della partita perché chiunque ne esca vincitore dovrà vedersela con lui; dall’altro l’atteggiamento dentro e con la ‘strana maggioranza’ di Monti. E su quest’ultimo punto, in agenda ci sono due passaggi fondamentali: in settimana il voto sul ddl anticorruzione e a seguire (fino a dicembre) l’iter parlamentare sulla legge di stabilità. Casini vuole una verifica subito e con altrettanta fretta straccia possibilità di riunire i moderati, Fini mitraglia, Bersani attacca. E Monti? Nessun commento né dal premier né dai ministri perché la posizione è quella di non entrare nelle beghe di partito ma al tempo stesso nell’entourage del Prof. si fa osservare che l’esecutivo è arrivato a Palazzo Chigi è stato col sostegno dei partiti e che se adesso uno di questi decide di staccare la spina se ne assumerà la responsabilità di fronte al paese.
Già la crisi, e la reazione dei mercati alle bordate del Cav. sull’Europa e la Merkel. Oggi si saprà dello spread ma sul fronte interno c’è da capire quale scenario si apre nel campo del centrodestra.
Berlusconi è apparso determinato a portare avanti una linea barricadiera, sia sulla giustizia specialmente dopo la sentenza di condanna piombata venerdì che sulla cura per portare l’Italia fuori dalla crisi. Ma sta proprio qui il ‘quid’: perché se sui temi della giustizia la sintonia col partito c’è (non è un caso che il Pdl insista per riportare in Aula la responsabilità civile dei magistrati), su quelli economici l’establishment non la pensa come il capo. A cominciare da Alfano. Il sostegno a Monti non è mai stato in discussione, almeno finora e seppure con critiche e pressing per modificare la nuova manovra governativa e lo stop all’aumento delle tasse, il Pdl ha sempre sostenuto lealmente l’esecutivo. Non solo: sull’Europa e le regole anti-crisi finora c’è stata una sostanziale condivisione.
Il Cav., invece, è su un altro spartito. Probabilmente più concentrato a parlare alla ‘pancia’ del suo popolo per riprendersi il consenso e i voti perduti fin qui. Insomma, quasi un ‘Predellino 2’ per dirla con la Lega che sta gongolando. Alfano ha lavorato più sulla prospettiva, sulla visione del progetto politico. Due posizioni sovrapponibili eppure, dopo il discorso di Villa Gernetto, appaiono inconciliabili.
Mediazione o rottura? Nei ranghi pidiellini si fa notare che se si dovesse andare – come pare accadrà in settimana – all’ufficio di presidenza, Berlusconi potrebbe non avere la maggioranza. Resa dei conti ai voti? Presto per dirlo. Falchi e colombe sono tornati a incrociare le armi: la Santanchè che chiede le dimissioni di Alfano, le amazzoni disarcionate dal numero uno di via dell’Umiltà (con la svolta di Norcia) sono di nuovo in sella; i cosiddetti moderati lavorano al rammendo dello strappo, mettendo però in chiaro fin d’ora che far cadere Monti significherebbe trascinare il paese in una spirale pericolosa.
A questo punto un chiarimento è necessario quanto rapido, perché un partito già in crisi (sondaggi docet) non può permettersi di avere due linee contrapposte al proprio interno, tantomeno l’eterna lotta tra il leader che si è messo di lato e il leader in pectore che fatica a entrare. I rumors dicono che il Cav. attenda una risposta dei maggiorenti Pdl per poi decidere il da farsi non escludendo la vecchia idea di una lista civica nazionale, ma ogni ipotesi lascia il tempo che trova se è vero come è vero che in 48 ore l’ultimo scenario è l’opposto del penultimo. E’ come se l’ex premier avesse voluto avvertire i suoi che il capo è ancora lui e quella fuga in avanti sui cinque punti del ‘suo’ programma suona un po’ come una sfida. Della serie: vediamo chi mi dice di no.
Ora il pallino è nelle mani di Alfano che, prudentemente, ha scelto il silenzio con le urne aperte in Sicilia (oggi se ne conoscerà l’esito) ma da oggi dovrà dire la sua. Sul tavolo ci sono due partiti in uno. La resa dei conti non serve a nessuno perché distruttiva, ma il Pdl, prima di tutto, dovrà decidere se e come ricostruire. Per non sparire.