Sacconi: “Bene l’incontro tra laici e cattolici ma non sia opportunista”
14 Gennaio 2013
Caro direttore,
condivido la constatazione espressa ieri dal Presidente Prodi su questo giornale secondo la quale cattolici e laici (o meglio credenti e non credenti) da tempo si incontrano e collaborano in una pluralità di luoghi della politica con un potenziale beneficio per "la coesione ed il miglioramento etico" della nazione. E, tuttavia, sta proprio qui il nodo. Quando questi benefici effetti si producono? Sempre e comunque nel nome di una sorta di virtù implicita in ogni forma di mediazione-moderazione?
Secondo una pluralità di fonti, la collaborazione si rivela fertile solo quando muove dalla consapevolezza di una vera e propria emergenza antropologica e si propone di orientare le politiche pubbliche in base ad un umanesimo condiviso. Lo affermano autorevolmente le principali gerarchie ecclesiastiche, condividono settori maggioritari del centrodestra ed ambienti culturali minoritari del centrosinistra (lettera aperta a Bersani di quattro intellettuali "organici"). Non si esprime Monti che rinvia tutto alle coscienze individuali. Eppure è evidente che la crisi delle economie occidentali è stata originata da una diffusa "perdita di senso" nelle società – che ha condotto al declino demografico – e che solo una visione positiva dell’uomo, della sua ricchezza dal concepimento e della sua attitudine alla socialità, può fornire risposte adeguate perché non meramente tecnocratiche. L’incontro si rivela invece cinico ed opportunista là ove si esalta l’individuo senza legame con la collettività e senza capacità di distinguere tra diritti, pretese e desideri. Oppure là ove prevale l’antropologia negativa dell’homo homini lupus che conduce al primato di uno Stato soffocante rispetto alla persone e alle comunità, dalle famiglie alle opere.
E’ in fondo la tradizione, con il suo bagaglio di esperienze, a consegnare a credenti e non credenti quei principi che hanno resistito alle intemperie dei secoli e che ancora oggi si rivelano utili ad illuminare il percorso dei decisori pubblici di fronte alle drammatiche sfide di questo tempo. Essi entrano prepotentemente nelle agende di governo e non solo perché vi è chi li vuole esplicitamente "modernizzare". La vita, la famiglia, la comunità conducono al primato della società, ad uno Stato leggero, al principio di sussidiarietà, alla libertà delle scelte educative, ad un modello sociale efficace e sostenibile perché fondato sulla ripresa demografica, sulle relazioni solidali e sul dono, al rispetto delle autonomie dei luoghi. In una parola ad un rinnovato vitalismo. Tanto quanto la loro negazione – o anche il loro affievolimento – conducono al declino e ad una politica giacobina che tutto centralizza e concentra in uno Stato invasivo ed oppressivo per regole e tasse.
Due visioni, due politiche. Ne parleremo venerdì nel periodico incontro della Fondazione Magna Carta dedicato ai principi non negoziabili cui sono invitate le principali organizzazioni della produzione e del lavoro. Constateremo che la collaborazione si fa produttiva per il bene comune quando i laici sono "adulti" perché capaci di riconoscere la verità rivelata dalla tradizione e i cattolici sono "semplici" perché disponibili all’ascolto del magistero della Chiesa.
(Tratto da Corriere della Sera)