Abruzzo. Il Pdl non è un albergo ad ore, meglio che i “delusi” lo capiscano
06 Febbraio 2013
di redazione
Da qualche giorno la politica abruzzese sul versante del centrodestra è animata da una novità: delusi, scontenti, dissidenti di ogni ordine e grado hanno deciso di unire le forze (quando di forze si tratta…) e fare fronte comune con esponenti ex PdL transitati in altre formazioni politiche della stessa coalizione e addirittura con animatori di formazioni civiche locali che hanno presentato per le elezioni "liste dispetto" in aperta contrapposizione.
Si potrebbe liquidare la cosa dicendo che gran parte degli eletti nel fu listino regionale (fortunatamente abrogato dalla nuova legge elettorale) si sono ritrovati in un patto di consultazione con la parola d’ordine leninista "che fare? …ora che ci sono le preferenze". Ma la questione è più seria.
Alcuni, che hanno dato vita alla lista Rialzati Abruzzo per il Senato, non hanno capito che il 24 e 25 febbraio è in gioco il governo del Paese e ci si batte per evitare che esso venga consegnato a Bersani, Vendola e appendici o stampelle che dir si voglia. Per questo, involontariamente, stanno facendo il gioco dei nostri avversari disperdendo voti che non concorreranno mai a eleggere un parlamentare ma che potrebbero impedire al centrodestra di averne qualcuno in più.
Altri hanno preso atto del fatto che il centrodestra si presenta al voto articolato in una proposta politica più ampia, vista la nascita di Fratelli d’Italia e il ritorno della Destra in coalizione. Hanno scelto di militare in quelle formazioni e di tale legittima opzione non discutiamo il merito, almeno in questa sede. Formuliamo loro auguri sinceri, come quelli che si debbono a degli alleati con i quali stabilire un rapporto di concorrenza ma non di belligeranza.
Su un punto però è bene essere chiari: il PdL non è una buvette né un albergo a ore dalle porte girevoli. Il partito ha bisogno di rinnovarsi e sviluppare la propria vita interna, ma non ha titolo a porre questa esigenza chi ha deciso di traslocare altrove, né è consentito a chi si è chiamato fuori di animare una sorta di congresso ufficioso permanente (magari dopo aver perso quello ufficiale). Questo non è tollerabile. Ancor meno lo è nel pieno di una campagna elettorale mentre tutti gli altri sono impegnati a cercare voti per vincere.