Il Kosovo chiede l’indipendenza, ma l’Europa non lo ascolta

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Il Kosovo chiede l’indipendenza, ma l’Europa non lo ascolta

31 Luglio 2007

Mentre leggo le ultime notizie sul Kosovo,
mi viene in mente la riflessione del mio amico scrittore e drammaturgo albanese
Mehmet Kraja nel suo libro “Arrivederci alla Prossima Guerra” (Mirupafshim në
një luftë tjetër, Rozafa, 2003): “Il mondo ha fatto una guerra per noi, ha
fatto più per noi che per ogni altro popolo, ma oggi non è per nulla
interessato nè a cosa diciamo ne a cosa pensiamo”. Il dibattito diplomatico
attuale, e specialmente il comportamento di molti paesi europei, dimostra che
Kraja ha ragione.

Certo, tutti sanno che i kosovari vogliono
l‘indipendenza – non c’è bisogno di chiedere la loro opinione su questo – ma
vedono l’indipendenza come uno slogan vuoto. Un leader del Parlamento italiano
mi ha chiesto recentemente, con innocenza naïve,
“perchè gli albanesi vogliono così tanto l’indipendenza del Kosovo? Non stanno
bene come sono adesso?”. E’ stato difficile convincerlo che no, non stanno
bene, perchè le loro profonde aspirazioni alla libertà, radicate in un lungo
passato di oppressione brutale da parte della Serbia – dalla discriminazione
all’incarcerazione, dalla deportazione ai massacri -, continuano ad essere
frustrate. Le ho detto quello che ho imparato in Kosovo, che la mancanza di
indipendenza sta diventando un ostacolo allo sviluppo economico perchè blocca i
crediti internazionali e scoraggia gli investimenti. Le ho spiegato che il
continuo tutelaggio internazionale infantilizza la leadership locale, rende
passiva la società e in generale corrompe il processo democratico. Come
spiegare altrimenti che lo scorso febbraio agenti della poliza Onu hanno ucciso
due manifestanti albanesi disarmati, sono stati riconosciuti colpevoli da un
procuratore internazionale e sono andati a casa senza essere stati puniti,
mentre l’organizzatore della protesta, Albin Kurti, è ancora sotto  arresto per aver messo in pericolo la vita di
rappresentanti dell’Onu?

Il parlamentare italiano non ha potuto
contraddire i miei argomenti, ma ne ha proposto un altro per spiegare come mai
l’indipendenza non è poi così importante: “Sia il Kosovo che la Serbia
entreranno in Europa e a quel punto l%27indipendenza non avrà alcuna importanza”.
E’ un po’ che sento questo commento da diversi diplomatici europei, i quali
hanno sempre giocato con l’idea che una federazione con la Serbia sia un’opzione
valida per risolvere lo status del Kosovo. Il recente fallimento di una
decisone sullo status potrebbe ravvivare quest’idea tra i circoli europei che
si oppongono all’indipendenza o la sostengono tiepidamente. Certamente nessuno
crede che gli albanesi accetteranno una tale proposta, ma è un’idea che fa
talmente paura da far sembrare accettabile il pacchetto di Ahtisaari anche
senza status.

Questa non è una prospettiva campata in
aria. In una recente conversazione con un diplomatico europeo impegnato nella
discussione sullo status del Kosovo ho sentito che l’Unione Europea
probabilmente spingerà per una soluzione che è molto vicina allo status quo,
solo più incasinata. In altre parole, proporrà il piano Ahtisaari senza
indipendenza:  estenderà il mandato del
protettorato, passandolo dall’Onu all’Europa, e ritaglierà diverse aree di
influenza per la Serbia con il risultato di costituire una vera e propria West
Bank entro il Kosovo. Con l’eccezione degli Stati Uniti, sembra che la comunità
internazionale non ascolti affatto quello che dicono i kosovari. Eppure, la
leadership del Kosovo ha detto molto chiaramente che l’indipendenza, e il suo
riconoscimento in tempi brevi, non sono negoziabili. L’hanno detto a
Washington, ma li hanno ascoltati a Berlino, Parigi, Londra, Roma, ecc.? Li
stanno ascoltando a Bruxelles?

Un’altra domanda, mi viene in mente adesso,
sarebbe: quanto è forte la voce del Kosovo? Quanto profonda? Giornalisti,
analisti, e diplomatici occidentali visitano regolarmente il Kosovo. Ma parlano
sempre con la stessa gente che appartiene alla elite, e riescono a catturarne
la frustrazione, ma non quel misto complesso di confusione, paura, rabbia e
determinazione che si può sentire parlando con la gente commune e vedendo come
vive.

Ciò che è diventato più chiaro, dopo il
duello tra Russia e Stati Uniti sulla risoluzione dell’Onu, è che l’Europa sta
tornando a giocare un ruolo molto importante negli affari del Kosovo:
sostituirà la missione Onu e di fronte all’ostruzionismo della Russia, sarà la
chiave per assicurare che l’indipendenza del Kosovo sia riconosciuta da un
numero critico di stati, oltre agli Stati Uniti. E’ cruciale che gli europei,
nonostante siano apparentemente sordi nei confronti nel Kosovo, ora ascoltino
la voce dei kosovari.