Grandi Rischi, le difese pronte all’Appello. Ma non fu “processo alla scienza”

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Grandi Rischi, le difese pronte all’Appello. Ma non fu “processo alla scienza”

24 Febbraio 2013

Si dovrà aspettare ancora per sapere quali sono le motivazioni della Difesa, ma si apre la partita per il ricorso in Corte di Appello per la sentenza di primo grado che ha condannato a 6 anni i componenti della Commissione Grandi Rischi, colpevoli, secondo la corte dell’Aquila, di non aver informato i cittadini abruzzesi del rischio sismico, durante il terremoto del 2009 che fece centinaia di vittime.

La sentenza, lo ricordiamo, per omicidio e lesioni colpose, ha avuto risonanza internazionale spaccando la comunità scientifica tra chi considera sbagliato il "processo alla scienza", e quindi il fatto che il terremoto potesse essere previsto, e chi invece si schiera con la decisione della Corte, sottolineando che ad essere messa in discussione non è la probabilità scientifica ma il modo in cui la Commissione Grandi Rischi procedette nel comunicare agli abruzzesi il rischio di un terremoto devastante.

Una condanna, dunque, sui comportamenti personali più che su cosa potevano o non potevano fare gli scienziati (ricordiamo che tra i condannati ci sono l’ex capo dell’INGV, l’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, Enzo Boschi, e l’ex capo della Protezione Civile, Barberi). Il 6 marzo conosceremo le motivazioni della richiesta di appello, poi si aprirà il secondo grado di giudizio.

Va ricordato che all’apertura dell’anno giudiziario in Abruzzo, durante la cerimonia che settimane fa si è svolta all’Aquila, il presidente della Corte di Appello, Schirò, ha parlato di "critiche malevole" rispetto alla sentenza di condanna dei membri della Commissione: "Mi limito ad osservare," aveva detto Schirò, "che i giudizi anche aspri sulle sentenze sono leciti ma devono rispettare la dignità e il rilievo costituzionale della funzione giurisdizionale senza trasformarsi in una non consentita denigrazione".

Sono molti gli scienziati che a livello internazione hanno mostrato delle perplessità sulla sentenza. La rivista "Nature" ha definito il verdetto della corte "ridicolo e perverso". Si è sostenuto che non è possibile considerare la scienza qualcosa che può dare previsioni certe e che una sentenza del genere rischia di mettere tra parentesi i benefici delle scoperte che vanno dalla medicina alla fisica.

Ma anche tra gli scienziati il dibattito è aperto. Come abbiamo detto in precedenza, la sentenza del tribunale non mette in discussione la fondatezza e la validità sul piano scientifico delle conoscenze correnti sui terremoti, non si giudica insomma il fatto che non sia stato previsto il sisma del 6 aprile, bensì, come ha scritto tra gli altri "Scientific American", il "fallimento della comunicazione scientifica".