“Serve un governo di scopo Pd-Pdl per evitare la rovina dell’Italia”
04 Marzo 2013
di Andrea Cuomo
«Io sono uno storico, e la storia è la vera scienza della politica. Per questo dico al Pd di pensare bene alla responsabilità che si sta prendendo».
Senatore Gaetano Quagliariello, quale responsabilità?
«Il Pd ha la maggioranza alla Camera solo per uno 0,3 per cento dei voti e grazie a una legge elettorale varata quando due poli radicati nel Paese tendevano verso il 50 per cento. Ma pensa di delegittimare una forza politica che ha preso pochi voti in meno. Pensa di potersi prendere presidenza della Repubblica, del Senato e della Camera. Pensa di fare un governo di minoranza contando sull’uscita dei senatori a Palazzo Madama. Qui saremmo ben oltre l’emergenza democratica».
Quasi un golpe?
«Sì».
Qual è l’alternativa?
«Io penso che ci sia una sola possibilità se non si vuole la rovina del Paese: un governo di scopo Pd-Pdl che faccia la grande riforma dello Stato e quella della politica che è l’unica risposta che si può dare a Grillo, invece di blandirlo o insultarlo. Vede, la sinistra spagnola…».
La sinistra spagnola?
«Sì, all’indomani di una dittatura come quella franchista ebbe la forza di coinvolgere anche gli ex franchisti nella transizione. La sinistra italiana oggi è invece così giacobina da preferire la rovina dell’Italia al coinvolgimento dell’altra parte nel processo costituente».
È certo che il centrodestra a parti invertite si sarebbe comportato diversamente?
«Data la dimensione delle regole da cambiare non avremmo mai pensato di farlo senza la sinistra».
Un governissimo a tempo?
«No, se ci si mette sulla strada di simili riforme sarebbe necessario non darsi un termine».
Cambiare il volto della politica. Ma come?
«Naturalmente cambiando la legge elettorale. Ma in questo contesto si potrebbe fare solo in senso proporzionale. Sarebbe più equo ma non favorirebbe la nascita di un governo. Ma non basta. Dobbiamo ripartire dallo scambio presidenzialismo e doppio turno e accanto a questo inserire le riforme del titolo V della Costituzione e della giustizia».
Vostro cavallo di battaglia.
«È evidente che l’equilibrio tra giustizia e politica si è rotto dopo Tangentopoli, quando sono state cambiate le norme sull’immunità che faceva da contrappeso all’ampissima autonomia della magistratura. Questo non è un problema da affrontare moralisticamente: nessuno può far finta di non vedere che la magistratura è diventata attore politico, anche se i magistrati che si candidano direttamente non sono premiati dall’elettorato. Ma se la sinistra si illude di vincere la partita per via giudiziaria la avverto: queste situazioni sono boomerang, tornano sempre indietro».
Che pensa dell’inchiesta napoletana su Berlusconi?
«L’inchiesta riguarda la presunta compravendita del senatore De Gregorio nel 2006, ma il governo Prodi cadde due anni dopo per la sua debolezza intrinseca dovuta a una polarizzazione innaturale che andava dal monarchico Fisichella al trotskista Turigliatto. E poi per l’attacco della magistratura alla moglie del Guardasigilli, Clemente Mastella. Fu una sconfitta politica al di là di ogni tentativo attuale di riscrivere la storia. Che ci insegna due cose».
Quali?
«Uno: che il rapporto tra la magistratura e la politica non riguarda solo il centrodestra. C’è una maggioranza trasversale che non ne può più dello strapotere della magistratura politicizzata. Due: che in quel contesto la vicenda De Gregorio non c’entra assolutamente nulla».
Infine, a che punto siamo?
«A un bivio: la grande riforma dello Stato oppure un’epurazione. Nella testa della sinistra c’è soprattutto questa e sarebbe un grande errore storico».
(Tratto da "Il Giornale")