Perché non ci piace la proposta di Profumo sull’ora di religione
26 Settembre 2012
Il ministro della Pubblica istruzione Profumo ha buttato lì un’idea che puzza di bruciato. Ha detto che bisogna cambiare i programmi scolastici per il fatto che ormai la scuola italiana è multireligiosa e multiculturale e questo vale anche per l’insegnamento della religione cattolica che dovrebbe diventare un’ora di conoscenza di tutte le religioni. Quest’ultimo punto merita qualche considerazione.
Il motivo per cui il concordato prevede l’insegnamento della religione cattolica nelle scuole pubbliche è indipendente dal fatto che trai banchi esistano anche alunni di altre religioni, i quali potranno liberamente avvalersene oppure no. Il motivo è formativo e storico-culturale: non esiste identità culturale italiana senza la religione cristiana che l’ha plasmata in profondità e che ancora parla nelle opere letterarie ed artistiche. Non c’è un angolo di Italia che non ne sia caratterizzato. Non è quindi la stessa cosa che dalle cattedre delle nostre scuole si insegni il cristianesimo o il buddismo. Se poi questo già avviene, ossia se gli insegnanti di religione cattolica fanno la scelta di insegnare le religioni anziché il cristianesimo, si tratta di una scelta non conforme a quanto previsto dal concordato.
Per capire però la proposta di Profumo bisogna andare più in là di queste considerazioni. Infatti, c’è un altro motivo, ben più profondo, per cui si dovrebbe insegnare la religione cristiana nelle scuole pubbliche. Lo si dovrebbe fare per il suo contenuto di verità, ossia per come essa illumina la conoscenza della persona umana e motiva le relazioni tra le persone in società. Non si tratta solo di insegnare il cristianesimo perché altrimenti non si può più comprendere la nostra storia o leggere i segni che esso ha lasciato nelle chiese o nei musei. Si tratta anche di attingere dal cristianesimo dei valori umani che si ritengono importanti per la nostra società e senza dei quali la convivenza sarebbe più difficile. In altre parole si insegna il cristianesimo perché non lo si considera come le altre religioni, ma gli si attribuisce un valore di verità – laicamente considerata alla luce della ragione – che lo rende importante per la nostra società.
C’è da osservare che la Chiesa italiana ha puntato più sulla prima motivazione che su questa seconda. Ha parlato più della religione cristiana come strumento per comprendere la nostra storia e la nostra cultura piuttosto che puntare sulla sua verità umana. La prima argomentazione è seria ma non decisiva e, del resto, dipende dalla seconda. La storia e la cultura che abbiamo ereditato dal cristianesimo ci interessa solo se ne vediamo la verità e l’utilità per l’uomo di oggi. Avendo trascurato questa argomentazione, ora ci troviamo a fare i conti con le proposte di Profumo il quale dice che la storia e la cultura cambiano e quindi l’insegnamento della religione cattolica non serve più.
La conseguenza di una ipotetica “riforma Profumo” sarebbe di radicare ancora di più l’idea che le religioni sono tutte uguali, ossia l’indifferenza religiosa. Lo Stato non può però farlo, in quanto significherebbe rinunciare all’uso della ragione politica che considera le religioni in ordine al bene comune.