Malati di videogames per sentirsi felici

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Malati di videogames per sentirsi felici

02 Agosto 2007

Lana ha sedici anni quando incontra online Michael Straw ,18 anni, entrambi navigatori del web, ma soprattutto con un’unica grandissima passione: il videogioco in rete. Ora vivono insieme a Reno, una cittadina del Nevada: lui ha 25 anni, è ormai un ex-dipendente di banca ed ha speso 50.000 dollari di eredità in apparecchiature per Pc ed un grosso schermo al plasma. Lei ha 23 anni, è magazziniera e sposata ma non si ricorda più di avere 2 figli, una bimba di 11 mesi e un bimbo di 22 mesi.

La piccola, quando l’hanno trovata gli assistenti sociali, pesava poco più della nascita, 4,5 kilogrammi, non sapeva alzarsi in piedi e nemmeno tenere ferma la testa, i capelli infeltriti di urina felina, segni di distrazione e dermatite sul corpo. Il piccolo fratello non era più in grado di camminare e per poco non moriva di fame. Lana e Michael, nel gioco fantasy in rete possono dimenticarsi di quello che sono ed essere ora streghe o guerrieri, ora nani o elfi in lotta per la vita e per la gloria.In rete, possono cambiare in continuazione, mutare come il vento, senza complicazioni, senza difficoltà, senza responsabilità, con l’unica grande certezza di potere ripartire da capo nella loro avventura.

E’ la libertà estrema, che coinvolge la rappresentazione del proprio essere che può mutare in continuazione senza inerzia, è il poter essere infinito a cui manca ogni legame o confronto con la realtà. Vero trionfo del relativismo: non c’è più un’unica identità, non c’è più alcun confronto con la verità. Stando al resoconto del Reno Gazette Journal, la coppia è stata arrestata dopo essersi dichiarata colpevole di maltrattamento di minori: ed ora rischia fino a 12 anni di carcere per negligenza e maltrattamento di minori. Il procuratore di Reno, Kelli Ann Vigoria, ha spiegato che la dipendenza da videogiochi collegata ad abusi sui minori o negligenza è un problema recente. “Invece di preoccuparsi per la salute dei figli, compravano computer – ha detto – Nella casa il cibo c’era, ma i due avevano deciso di giocare invece di dar da mangiare ai figli. Mano a mano che diventiamo tecnologicamente avanzati, ci sono più distrazioni. Il nostro stato deve diventare più consapevole”.

“La dipendenza da videogame collegata all’abuso sui minori è una nuova spia di un vecchio problema” ha dichiarato Patrick Killen del Nevada Child Abuse Prevention. Secondo Killen, nello sviluppo del bambino, la negligenza è dannosa quanto l’abuso vero e proprio. All’arrivo della polizia, la madre si è giustificata dicendo che il bambino piangeva perché era nato prematuro. Il problema però è stato sollevato e non basteranno dieci anni di carcere per far capire a due adulti malati il grave errore di valutazione che hanno fatto. Il dubbio è se si tratti di un semplice errore o di una patologia seria, da trattare con farmaci e terapie di riabilitazione, al pari dell’alcoolismo.

Tuttavia gli esperti della American Society of Addiction Medicine e della Mt. Sinai School of Medicine di New York si sono opposti con fermezza a questo paragone, ed intervenendo al meeting annuale dell’American Medical Association a Chicago hanno detto che sono necessari ulteriori studi prima di poter dire che un uso eccessivo dei videogame – un problema che coinvolge circa il 10% dei giocatori – possa essere considerato un problema mentale alla stregua dell’alcolismo.

Certo questo è un caso estremo, ai limiti dell’unicità, ma mostra l’epigono di un modello nuovo di vita parallela che si va configurando, e che incomincia ad assorbire la maggior parte del tempo e delle energie di moltissimi uomini e donne del nostro tempo. Secondo Kimberly Young, una delle prime psicologhe americane a studiare il fenomeno, dagli studi effettuati risulta che sono 11 milioni gli americani colpiti da ‘internet-dipendenza’ circa il 6% dei navigatori che, come in qualsiasi altro tipo di dipendenza, fanno della connessione in rete la loro principale attività; sono drogati di chat, forum e giochi on-line. Le fa eco Maressa Orzack, fondatrice della Clinica per la cura della dipendenza da computer, presso l’ospedale McLean dell’Università di Harvard, secondo la quale “la molla iniziale è la ricerca di relazioni o il cyber-sesso. E grazie a Internet- aggiunge – così rapido e gratificante per la gente, tutto è più facile. Ed è proprio la ‘socializzazione’ veloce e anonima, nella quale ognuno può presentarsi nei suoi ‘panni’ migliori, a favorire la dipendenza”. E il rovescio della medaglia sta proprio nel fatto che il navigatore si trova in un mondo virtuale che lo spinge pian piano ad abbandonare la vita reale.

“Le persone che si rivolgono a me – aggiunge l’esperta – mi chiedono di salvarle, di recuperare la loro vita, il matrimonio o il lavoro”. Nelle aziende americane questo tipo di dipendenza sta destando preoccupazione, al punto che alcune società, come Motorola, Dupont, agenzie governative e la stessa Us Airways hanno chiesto, a Kimberly Young di tenere incontri con i dipendenti per ‘sensibilizzarli’ al problema. Se l’esistenza del problema non è in dubbio e preoccupa gli psicologi, non c’è ancora una visione unitaria sulla sua natura. Secondo alcuni sarebbe “una variante di altre dipendenze, quali il gioco o lo shopping”, per altri si tratterebbe di uno squilibrio psichico della stessa categoria della schizofrenia o depressione.

Ma mentre gli scienziati si interrogano, molti cybernauti continuano a sostenere che “la dipendenza da Internet li rende felici” o comunque rappresenta un’alternativa, ad esempio, allo studio, perché “sulla rete – confessa un ‘paziente’- posso imparare molte più cose che all’università senza neanche pagare le tasse”. L’online gaming, ancora non diffusissimo dalle nostre parti, che non comprende i casino on line, impensierisce in particolar modo, ad esempio, la Thailandia, dove il Ministero della Tecnologia e delle Comunicazioni ha approvato delle misure restrittive che limitano l’accesso ai server di gioco online. Il divieto colpisce anche Internet Café e centri specializzati che, tra l’altro, non dovrebbero permettere agli utenti di giocare per più di due ore. In Thailandia il problema è emerso anche a seguito di alcuni casi di dipendenza molto gravi che hanno portato alla morte dei giocatori, ragazzi talmente assuefatti che non si cibavano più pur di continuare a giocare. 

Ma vi sono anche casi italiani, lo sanno bene due giovani studenti universitari romani, amici da anni e compagni di scuola, conquistati a tal punto da un videogame su internet da abbandonare gli esami e chiudersi in casa per dedicarsi a sfide infinite. «Sono arrivati da me quattro genitori disperati, vedevano i figli isolarsi dagli altri e vivere una vita che non era la loro», racconta Tonino Cantelmi, presidente dell‘Associazione italiana psicologi e psichiatri cattolici e direttore della Scuola di specializzazione in psicoterapia cognitivo interpersonale. I ragazzi, invece, non si erano resi conto di avere un problema. «Nella loro fantasia cullavano il sogno di aprire un Internet-point», prosegue l’esperto. 

Ai ragazzi sembrava normale rinunciare a studio e uscite con gli amici pur di battere l’ennesimo record. Una «trappola» di cui spesso, dice lo psichiatra, non si vedono i contorni finché la situazione non è davvero grave: «Si tratta di giochi, è vero, ma con la dipendenza da videogame non si scherza. L’effetto è simile a quello della cocaina – conclude – e a volte può davvero rovinare la vita». In Italia la dipendenza da videogame colpisce soprattutto i giovani di sesso maschile. «Un fenomeno che colpisce il 20% dei giocatori e si configura come una vera e propria dipendenza, tale da stravolgere la vita e i rapporti sociali», afferma Cantelmi, fra i primi in Italia a occuparsi di tecnodipendenze, sottolinea come a cadere nella trappola siano soprattutto ragazzi e giovani uomini dai 16 ai 40 anni.

«I videogiochi piacciono ai bambini, ma creano dipendenze soprattutto fra gli adulti. Questo anche perchè la vittoria stimola la produzione di dopamina: gratifica come una droga», afferma Cantelmi. In pratica grazie alla consolle si ottiene facilmente una sorta di soddisfazione artificiale, cui diventa difficile rinunciare. Specie se nella vita di tutti i giorni si è alle prese con problemi e difficoltà, o con le evidenti responsabilità di un genitore, proprio come per Lana e Michael.

In un mondo in cui ormai anche i dibatti politici dei candidati alla Casa Bianca si svolgono on line, a confronto dei quali Porta a Porta o Ballarò sembrano filmati d’epoca, in un mondo in cui le città non sono costruite con i mattoni e col cemento ma con i bit, bisognerà anche in Italia incominciare a porsi il problema della governance di questo universo, capendo che non è un problema solo di accesso digitale alla pubblica amministrazione o di regolamentazione delle norme e procedure di registrazione dei domini sotto il country code .IT.