All’Agenda Monti manca un ingrediente fondamentale: la politica

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All’Agenda Monti manca un ingrediente fondamentale: la politica

20 Dicembre 2012

Il linguaggio indiretto, talvolta, risulta più eloquente del parlare diretto. Esprime il vero senza, però, effettivamente pronunciarlo e creando tutt’attorno un clima di originalità e mistero. Gli eufemismi fanno ricco il discorso perché lo rendono avvincente, espressivamente suggestivo e seducente. Ma il linguaggio indiretto è anche ambiguo, sfuggente e complessivamente più facilmente fraintendibile.

L’idioma metaforico ha contagiato pure la politica. Pier Lugi Bersani, leader a sinistra, per esempio, ci ha abituati (e divertito) ai suoi stratagemmi letterali, efficaci soprattutto nel perimetrare regole e precetti per il plotone di delegati e nominati dal Partito. Nel candidarsi a segretario del Pd, nel 2009 al teatro Jovinelli di Roma (elezioni dalle quali uscirà vincente), con il suo solito piglio metaforico Bersani sintetizzò in una frase il suo programma da condottiero del Partito: “Andranno sperimentati larghi schieramenti di centrosinistra contro la destra”. La frase potrebbe aiutare a capire gli arcani tatticismi in atto, oggi, per gli accordi sugli schieramenti partito-elettorali? Potrebbe essere; ma non è certo. E’ l’effetto del parlare per metafore: lascia intendere tutto e il contrario di tutto.

Oltre alla forma espressiva, in politica l’idioma metaforico è utilizzato anche come scudo protettivo, giustificativo del continuo procrastinare di certe decisioni. Oggi, è in simile contesto che emerge la posizione – sia consentito dire: ‘istituzionale’, non personale – del premier in carica, Mario Monti, echeggiato alla guida di uno schieramento di ‘moderati’ al prossimo turno elettorale. Una marea di metafore e stratagemmi – provenienti da ogni fonte, ad eccezione dal Premier – per prendere tempo (ma intanto parlare, senza farsi troppo capire, per premunirsi e ammonire). Una cosa è data per certa in questa vicenda. Ossia che il Professore, tra sabato e domenica, dopo l’approvazione della legge di Stabilità e le dimissioni ufficiali, parlerà agli italiani per comunicare la sua decisione sull’eventuale candidatura. E in quell’occasione – trapela da ambienti a lui vicini – verrà illustrata una ‘agenda Monti’ per un Monti-bis.

Agenda Monti: arriviamo all’eufemismo degli eufemismi dei nostri giorni. Cosa significa ‘agenda Monti’? Non è stato spiegato; ma si deduce che possa essere un calendario (appunto: un’agenda) di misure pianificate per l’azione del futuro governo. Perché non parlare allora di ‘programma di governo’ (o, più semplicemente, di programma elettorale)? Le ragioni sono diverse. Intanto per un appeal sull’elettorato. Proprio in quanto un eufemismo, ‘agenda Monti’ arricchisce il discorso, lo rende avvincente, suggestivo, seducente. Si lascia avvertire in chi ascolta la sensazione di stare ad ascoltare qualcosa di magico, di straordinario, quanto meno di diverso da un normale ‘programma di governo’.

Probabilmente – questa è l’idea che mi sono fatto – l’agenda Monti è davvero qualcosa di diverso di un comune programma elettorale. Immagino che sia un progetto, minuziosamente studiato da Monti ‘professore’ – ciò che dà garanzia di competenza, originalità ed utilità – per la riforma dello Stato. Un progetto col fine di riorganizzare l’architettura della macchina statale a partire da spesa pubblica e tassazione.

Il fatto che sia qualcosa di diverso non vuol dire, tuttavia, che si tratti di una soluzione sicuramente efficace. E infatti, sarà pure un ottimo proposito per il Paese, ma c’è una cosa che contraddistingue l’Agenda Monti dal più comune programma elettorale, ed è un qualcosa che mina la sostenibilità sociale dell’iniziativa filo-montiana. In quel progetto (agenda Monti), predisposto – ahimè! – da un solo uomo (per quanto si tratti di personalità credibilissima, stimatissima e ricca di competenze e di abilità) manca il fondamentale ingrediente per una buona ricetta di governo: manca la Politica.

Penso alla massaia brianzola, alla casalinga napoletana, alla bottegaia siciliana; penso alle famiglie che stentano ad arrivare alla fine mese; penso ai giovani che arrancano tra studio e scarsità di posti di lavoro; penso alle giovani coppie che non possono fare un mutuo in banca; penso alle imprese che soffocano di burocrazia; penso ai figli che mai nasceranno per una società restia ad accoglierli. E’ la triste realtà dei nostri giorni a cui soltanto la Politica può dare risposte. Soluzioni, cioè, non di freddi e insignificanti numeri ed equazioni, ma di tepore umano e sociale.

La Politica non può fare a meno dei tecnici. Non vale il contrario, però. I tecnici, infatti, non possono sostituirsi alla Politica. Adesso, per il bene del Paese e soprattutto degli italiani, c’è bisogno di una buona Politica che sappia guardare lealmente alla persona, al bene comune, alla sussidiarietà e alla solidarietà. Per continuare a sperare, serve una buona Politica che sappia parlare, senza eufemismi, dei problemi della gente e sappia proporre soluzioni senza troppi giri di parole. Non andrà male: ci sarà almeno la consapevolezza che non moriremo tecnocratici.