Se Fiat va negli USA ci sarà un perché

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Se Fiat va negli USA ci sarà un perché

16 Maggio 2013

Tornano a circolare voci sulla acquisizione definitiva da parte di Fiat del marchio Chrysler, quel 41 per cento ancora in mano al fondo del sindacato metalmeccanico UAW. I sindacati italiani scattano sulla difensiva e l’ad Marchionne getta acqua sul fuoco spiegando che la notizia sul trasferimento della sede Fiat negli Usa "non è all’ordine del giorno".

Periodicamente torna alla ribalta la questione della Fiat che per una scelta etica e morale, qualcuno aggiunge per tutti gli aiuti ricevuti dallo Stato italiano nel corso dei decenni, dovrebbe restare il più possibile in Italia e non tradire il Belpaese che fece la fortuna degli Agnelli. Questo genere di osservazioni, che spesso diventano rivendicazioni, avrebbero una logica in un momento di espansione dell’economia, ma l’Italia è inguaita, è il Paese rimasto più indietro dell’area OCSE e anche uno di quelli dove la tassazione è più pesante.

In questo quadro, nonostante le smentite di Marchionne, non sarebbe una cattiva idea puntare a un definitivo rilancio del marchio con nuova sede operativa a New York a un tiro di schioppo da Wall Street. Marchionne ha fatto un buon lavoro salvando Chrysler dalla bancarotta nel 2009, ora, favorito anche dall’economia americana che a differenza della nostra ha ripreso a marciare, potrebbe completare l’acquisizione e poi aprire agli investitori la nuova azienda frutto della fusione.

Certo, sono lontani i tempi quando gli operai yankee temevano che Chrysler potesse essere risucchiata a Torino, in Italia. La peggiore crisi economica degli ultimi decenni in Europa ha allontanto questa possibilità. Insomma, è vero che i quartier generali della Fiat ormai sono in mezzo mondo, America, Europa, Latino America, Asia, ma il cuore pulsante dei mercati finanziari restano sempre gli States.

Questo non significa automaticamente chiudere gli uffici di Torino, semplicemente muoversi in diverse regioni del mondo. Con un piede ben piantato nel New York Stock Exchange, "il più efficiente mercato di capitali che ho avuto tra le mani", come ha spiegato Marchionne qualche mese fa.