Generazione bruciata. Se la colpa è del sistema dell’istruzione
15 Settembre 2013
Under 35 sempre più disoccupati, con un crollo della occupazione giovanile nel triennio 2010-2013. Istat offre un quadro desolante sulle condizioni di lavoro dei giovani tra i 25 e i 34 anni, soprattutto e come sempre al Sud, ma anche nel Nord "ricco" e produttivo non si scherza. Nel Nord Italia dal 7,3 per cento del 2010 ora la disoccupazione tra 25 e 35 anni tocca il 10 per cento. Al Sud, solo un giovane su tre lavora. Si può dire che gli imprenditori non assumono, che fare un contratto a tempo determinato o indeterminato di questi tempi ai giovani (anche se a 35 anni sei già bello che fatto) è rischioso, insomma, si può farne un problema esclusivamente econimico.
In realtà conta anche la scuola e il nostro sistema educativo. "I dati Istat," secondo il Presidente della Commissione Lavoro del Senato Maurizio Sacconi, "in primo luogo sono la conseguenza del fallimento di quel sistema", dell’istruzione superiore, del mondo della scuola e della università. Un mondo che non riesce più a creare competenze spendibili sul mercato, caratterizzato da un "prolungamento dei percorsi di studio" e, dice sempre Sacconi, "dalla separazione tra scuola e lavoro". Perché dovrei assumere un giovane in casa editrice dopo che ha passato anni a studiare teoria e probabilmente, vale per gli Under 25, non distingue una ciano da una bandella? Ed è forse immaginabile un miglioramento del nostro sistema educativo semplicemente assumendo nuovi docenti ma in un contesto che presenta questi elementi di criticità? (Probabilmente neanche quei docenti saprebbero descrivere una ciano).
D’altra parte gli strozzamenti in ingresso successivi alla Riforma Fornero hanno complicato le cose, in nome di una malintesa lotta alla precarietà figlia di un riflessione frutto di "teste" e "cervelli" che lavorano ancora nel "vecchio" modo di produzione, in schemi legati a produttività, competenze, tempo di lavoro, superati dal mercato e dal fiorire dei "nuovi lavori". Da qui la necessità, da parte dei sindacati, di accettare una maggiore semplificazione della contrattualistica, "a partire da un contratto triennale straordinario senza causali e senza rigidità", spiega Sacconi. "Il Governo ha il dovere di chiedere loro conto e, in assenza di accordo, di proporre comunque norme sperimentali che incoraggino la propensione ad assumere", conclude il ministro del lavoro dell’ultimo Governo Berlusconi. "Il Fondo Sociale Europeo infine non deve essere impiegato per assumere dipendenti pubblici nei centri per l’impiego ma per premiare gli operatori pubblici e privati in concorrenza tra loro – che riescono a collocare disoccupati o inoccupati di lungo periodo".