Che problema ha l’India con l’Italia e i Maro’
10 Febbraio 2014
di Ronin
Il procuratore generale Vahanvati ha chiesto alla Corte Suprema dell’India di applicare la legge antipirateria (Sua Act) nella vicenda dei due Marò italiani, senza fare riferimento alla pena di morte. I difensori italiani si sono opposti con forza alla richiesta, mentre il giudice ha deciso di rinviare l’udienza di altri 8 giorni, al 18 febbraio.
Ieri il ministro Bonino ha fatto intendere che a pesare sulla vicenda e sulla "sconcertante" gestione di essa da parte delle autorità di Nuova Delhi, sono le elezioni in India, la destra religiosa e induista che usa strumentalmente la questione per mettere in difficoltà la famiglia Ghandi e Sonia, di origini italiane. Bonino ha ricordato ai suoi interlocutori indiani la "forte alleanza internazionale e non solo europea che abbiamo costruito con grandissimo lavoro e che non era affatto scontata". "Utilizzeremo appieno questo sforzo". Ma una considerazione di fondo bisogna farla, un giudizio che va oltre le attuali relazioni internazionali e coinvolge l’essenza stessa di questo grande Paese asiatico, emerso come capofila dal vecchio blocco terzomondista.
I Maro’ sono stati trattenuti ingiustamente in India senza curarsi dei trattati internazionali. Li abbiamo rimandati indietro quando avremmo potuto tenerli in Italia all’epoca del Governo Monti. L’abbiamo fatto a patto che venisse archiviata la buffonata del terrorismo, cosa che non è accaduta, almeno non subito e tra mille traccheggiamenti. Tutto questo dimostra un atteggiamento che definire spavaldo e’ poco, come se il governo indiano avesse qualcosa da dimostrare: la grande potenza che mostra i muscoli per far vedere quanto vale e come sono cambiati i rapporti di forza con la vecchia Europa un tempo potenza coloniale. Ecco, e’ questo eccesso di occidentalismo che ci preoccupa tanto da far pensare che forse all’India serva ancora tempo per raggiungere la piena maturità, i nervi saldi e la diplomazia conseguente di una potenza davvero democratica.