“Marino si dimetta, il Pd non può indossare la livrea dell’antimafia”
05 Giugno 2015
di RS
Senatore, qualche mese fa il sindaco Marino descriveva il presidente del municipio di Ostia come una specie di vittima della mafia, un uomo coraggioso che si dimetteva per dare un segnale. Ieri il nome di Tassone spunta tra gli arresti di Mafia Capitale. Non entriamo nel merito delle indagini e restiamo garantisti ma non è che quella conferenza stampa fu un mezzo bluff?
E’ stata certamente una sciocchezza perché tra l’altro venne fatta in pompa magna al Nazareno, con Matteo Orfini seduto accanto al Presidente del municipio di Ostia. Presidente che si dimise perché io stesso avevo presentato alcune interrogazioni che mettevano in luce delle situazioni poco chiare. Ma quello di Ostia non è l’unico caso.
Dica pure.
Non bisogna dimenticare che il sindaco Marino ha nominato capo dell’anticorruzione a Roma un signore, Walter Politano, che è finito nell’inchiesta Mafia Capitale. Ha nominato capo dell’anticorruzione in Ama un altro signore che è finito ai domiciliari. Ha nominato un assessore che attualmente si trova agli arresti, come pure il presidente del consiglio comunale e quello della commissione patrimonio. Insomma, francamente non credo che ci si possa ergere a paladini della lotta alla corruzione con un simile palmarès.
Marino non avrebbe dovuto trarre molto prima le debite conseguenze su quello che stava accadendo?
Non dubitiamo dell’onestà di nessuno, neanche degli indagati, perché saranno i magistrati a dover stabilire come sono andate le cose. Ritengo però che in un qualsiasi comune d’Italia che si trovi in una situazione del genere – con un sindaco capace di combinare una tale serie di pasticci – il primo cittadino debba dimettersi. E’ una cosa normale.
Marino invece dice di voler andare avanti e che a Roma sta cambiando tutto.
A Roma sta cambiando tutto, ma suo malgrado. Marino è uno dei principali fattori di resistenza al cambiamento se non altro perché il sindaco, esercitando i suoi poteri di nomina, ha creato delle situazioni che hanno portato all’intervento della magistratura. Mi sembra una cosa discutibile anche se poi, certo, si può sostenere l’insostenibile.
Lei ha rivelato la storia dell’ex comandante dei Vigili di Ostia che stava indagando sui vertici cittadini ed è stato trasferito dopo quella famosa conferenza stampa. Perché?
Il comandante Stefano è stato trasferito in un altro comando con la scusa della rotazione. Stefano aveva notificato un provvedimento sulla base dell’articolo 161 a Tassone per un’inchiesta legata a una vicenda di concessioni in aree pubbliche; Tassone ne ha chiesto il trasferimento e Stefano è stato trasferito. Questi sono fatti: ci sono mille vigili che hanno presentato un esposto all’anticorruzione sull’episodio del quale stiamo parlando.
Non mettiamo troppo il becco in casa d’altri parlando del commissariamento del Pd romano, ma non avverte un certo grado di prosopopea nel modo in cui i democrats gestiscono queste vicende?
Ritengo che il compito che si sta caricando sulle spalle Matteo Orfini sia molto difficile e, in questo senso, non ho difficoltà a credere che sia un’opera titanica. Ma a parte Mafia Capitale c’è ancora aperta la questione Di Stefano, c’è la vicenda delle Primarie, c’è l’inchiesta sul gruppo regionale del Pd, ci sono indagini su qualsiasi cosa. Per carità, auguro a Matteo Orfini di riuscire a venirne a capo…
Ma?
Quello che trovo intollerabile è che una forza politica in queste condizioni indossi la livrea del partito antimafia. Questo mi sembra davvero eccessivo. Dicevano i nostri antenati “nisi caste, tamen caute”, se proprio non puoi essere casto cerca almeno di essere prudente. Temo che questo principio sfugga alla comprensione di Matteo Orfini.
Oggi l’attenzione è tutta su Mafia Capitale ma in passato ci sono già state altre grandi operazioni delle forze dell’Ordine contro le infiltrazioni mafiose e criminali nel Lazio. Secondo Lei come si riporta davvero ordine e legalità sul litorale romano e nella Capitale?
Intanto facendo lavorare gli inquirenti e arrivando alla fine di questa inchiesta. Per il resto occorre fare un grosso lavoro non tanto dal punto di vista dell’attività inquirente quanto da quello della capacità di varare programmi di anticorruzione degni di questo nome.
Si spieghi meglio.
La principale stranezza della Giunta Marino è stata proprio quella di aver continuato a dare un fiume di affidamenti diretti – l’anticamera di questi pasticci – anche quando l’inchiesta era già esplosa. Come dire, avere in carica una Giunta che batte il record degli affidamenti diretti fra tutte quelle che negli ultimi vent’anni si sono avvicendate a Roma è già un’indicazione di quello che andrebbe fatto, no?