Se Vespa va a casa allora oscuriamo anche Gomorra

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Se Vespa va a casa allora oscuriamo anche Gomorra

17 Aprile 2016

Personaggio centrale della serie televisiva Gomorra è il figlio di un boss della Camorra, “Genny” Savastano, il quale, prima di calcare le orme paterne, ha come unico vero grande scopo esistenziale farsi comprare una bella motocicletta rombante dal genitori, con la quale scorrazzare a Posillipo facendo il guappo.

Il personaggio in questione ha avuto un successo straordinario in Italia e all’estero, espressione dello stereotipo mafioso che grava sul nostro Paese ma che continua a far salire l’audience. Cosa che gli americani hanno capito benissimo, dagli albori di Mario Puzo a Tony Soprano. Passando per Mob Wives, “mogli criminali”, il reality con Jennifer,  figlia di quel Graziano consigliori dei Bonanno, una delle cinque famiglie della mafia italo-americana di New York (ne parla diffusamente BBC).

Non sappiamo quale sia il giudizio del senatore piddino Verducci, vicepresidente della commissione di vigilanza Rai, giovane turco e docente universitario, su Gomorra e Mob Wives. Sappiamo invece qual è il suo giudizio sul caso Riina Figlio da Vespa. “Il caso non è chiuso”, ha detto Verducci, invocando un nuovo “regolamento” che riparametri i confini tra “informazione e intrattenimento”.

Beh, si dà il caso che quei confini siano quantomai labili. Le cronache giovanili sulle bravate di “Salvuccio”, il figlio di Riina che abbiamo ascoltato a Porta a Porta, somigliano non poco a quelle del personaggio protagonista di Gomorra (ispirato a un vero camorrista della faida di Scampia). Stessa sbruffoneria, stesse condanne e stesso carcere. Pochi o nessun cenno di pentimento. Eppure quando si parla di Gomorra tutti ad applaudire il fine capolavoro psicologico nonché sociologico che facendo riflettere lo spettatore  lo mette a tu per tu con gli aspetti anche più crudeli della società. Quando invece tocca all’intervista a Porta a Porta è un’offesa imperdonabile alle vittime della mafia, un errore gravissimo di Vespa, tanto da reclamare un regolamento che normalizzi i palinsesti.

Qualcosa non quadra. Se “la lotta alla mafia è innanzitutto una battaglia culturale”, come sostiene Verducci, non si capisce perché il ritratto di “Gomorra-la serie” sia una denuncia realistica e l’intervista di Vespa, invece, sia inaccettabile. Tanto più che il primo è intrattenimento, la seconda informazione. Ma il punto è un altro.

La reazione di Verducci alla puntata di Vespa, a pensarci bene, è il riflesso di una cultura di sinistra per cui ci si concentra sulla giustizia, si trasforma tutto in mafia e camorra, per coprire il vero vuoto culturale della propria parte politica. Per questa strana figura di commentatori morali che esiste solo in Italia, la lotta alla mafia viene messa al primo posto, la lotta per contro le trivelle viene messa al primo posto, la lotta per le unioni civili con la stepchild viene messa al primo posto, perché c’è bisogno di diversivi, in quanto all’ultimo posto è finito proprio tutto quello che apparteneva alla missione storica di quella parte politica: lavoro, sviluppo, crescita del Paese. Cioè quello che gli italiani continuano a chiedere.

Ma se Vespa deve andare a casa per aver fatto parlare il figlio del boss, allora, che sia fatta giustizia, che la grande “battaglia culturale” si compia davvero e fino alle sue estreme conseguenze: oscuriamo anche Gomorra, mandiamo a casa Saviano perché ha trasformato il figlio di un boss in un mito per migliaia di adolescenti…