Alfano, sulle unioni civili #NoiCiRicorderemo
06 Febbraio 2016
di redazione
E’ stato detto a gran voce dal palco del Family Day e lo si è plasticamente ripreso in uno striscione presente al Circo Massimo: #RenziCiRicorderemo. Il premier, poco avvezzo all’esercizio democratico, pensa di poter approvare una legge sulle unioni civili, con la maggioranza dei cittadini contrari, solamente per ingraziarsi certi ambienti della sinistra storica, decisivi per le tornate elettorali prossime al fine di evitare un cedimento in termini di consenso (soprattutto nelle regioni rosse).
Poter esibire la medaglietta del leader progressista un tanto al chilo è un’idea che piace molto a Renzi, abituato ad operazioni di facciata: prova ne è stata la rimessa in circolazione de L’Unità e l’adesione formale al PsE. Abile e scaltro il giovane presidente del consiglio fiorentino tende spesso promuovere e volentieri politiche in salsa berlusconiana, ricamate però sopra un abito di sartoria di centro-sinistra.
Strategia che gli copre le spalle mediaticamente avendo, cosa unica nella storia repubblicana, tutti i direttori dei principali quotidiani nazionali schierati a suo favore. Ora andiamo a vedere bene cosa succede tra le fila dei gruppi parlamentari che lo sostengono:
Partito Democratico: maggioranza forte e compatta a sostegno del ddl Cirinnà bis, un pugno di senatori di area cattolica pronti a votare contro la parte inerente la step child adoption e un gruppo delle senatrici che si sono dette contrarie all’utero in affitto;
Area Popolare: Alfano pronto a mediare pur di evitare strappi all’interno dell’asse governativa, e Cesa (a nome dell’Udc) pronto invece a rompere l’asse governativa se Renzi procede a far votare anche la step child adoption, aprendo alle cosiddette maggioranze variabili con il Movimento 5 Stelle;
Verdiniani: disposti ad appoggiare il premier in qualunque caso, pur di aggiudicarsi qualche ricompensa in termini politici vista la lealtà a Renzi in questa fase delicata della navigazione dell’esecutivo.
Per farla breve gli elementi più importanti riguardano le posizioni di una parte del Pd e le dichiarazioni di Cesa alla direzione nazionale dell’Udc. Che cosa prospettano: una possibile svolta per superare il ddl Cirinnà bis o il possibile ed ennesimo ‘inciucio di palazzo’ a danno del paese? Molti elementi spingono a favore della seconda opzione.
Quando un uomo di establishment come Cesa (non certo un battitore libero o uno strenuo difensore di battaglie valoriali) esce sulle cronache nazionali per porre degli ultimatum significa che probabilmente ha sul piatto qualche offerta politica. La piazza del Family Day ha chiesto il ritiro del provvedimento e non lo stralcio di alcune sue parti. Cesa si propone come anfitrione per affossare la step child adoption, trovando un’eco possibile all’interno del Pd. Questo fa presagire un possibile accordo affinché si arrivi allo stralcio dell’art.5, tenendo anche conto delle dichiarazioni di Grillo sulla libertà di coscienza per il suo gruppo parlamentare. Perché ora?
Se Alfano e Cesa sono fortemente disturbati dalla possibilità di maggioranze variabili, anche i Cinque stelle non ne sono entusiasti. Dopo l’attacco recente da parte del Pd sul caso di Quarto, dove si è parlato di infiltrazioni camorriste in ambito grillino, non è che il M5S abbia tutta questa voglia di portare acqua al mulino di Renzi, e di essere accusati di sostenere il governo. Inoltre Grillo, sempre sensibile all’umore degli elettori, avverte che l’adozione gay non suscita negli italiani alcun entusiasmo.
Sale dunque l’ipotesi di uno stralcio dell’art.5, quello sulla stepchild adoption, magari accompagnato da un impegno ad affrontare il tema riformando in tempi brevi la legge sulle adozioni. La legge sulle unioni civili sarebbe approvata quindi d’intesa con i centristi, prendendo in giro il popolo del Family day, perché un provvedimento sulle adozioni gay sarebbe solo posticipato a dopo le amministrative.
In tal senso la scelta di quaranta senatori guidati dai parlamentari di Idea e Popolari per l’Italia, che hanno presentato un ricorso sul conflitto di attribuzioni alla Corte costituzionale, aiuta, e non poco, a sollevare frizioni ulteriori nei vertici istituzionali del paese e a tenere alta la barra del no alle unioni civili.
Occorre insistere con forza sulla necessità di riportare la legge in commissione, per riscriverla interamente, visti i rischi di incostituzionalità nel metodo e nel merito, per rendere evidente che il problema non è soltanto l’art. 5 sull’utero in affitto, ma l’impianto generale della legge. Per questo gridiamo a gran voce: RI-TI-RA-TE il ddl Cirinnà.