“Fishball revolution”, la rivolta dei venditori di polpette ad Hong Kong
09 Febbraio 2016
di redazione
Una notte di fuoco a Hong Kong. Disordini e tafferugli quando è scattata una operazione per ‘ripulire’ il quartiere di Mong Kok dai venditori di strada. Secondo la polizia, agli scontri avrebbero partecipato anche “elementi radicali”. E la cosa avrebbe indotto gli agenti a sparare colpi di pistola in aria. Il vicecapo del distretto di polizia ha infatti dichiarato: «Elementi radicali sono arrivati con armi improprie e scudi per provocare incidenti, la situazione è sfuggita al controllo e abbiamo dovuto sparare due colpi d’avvertimento».
L’episodio fa discutere perché normalmente le forze dell’ordine a Hong Kong ricorrono alla forza solo in casi straordinari. Nel 2014, dopo l’ondata di protesta democratica che per 11 settimane vide le strade del centro occupate dai manifestanti che chiedevano elezioni libere, si è aperto un solco di sfiducia. I disordini hanno portato 23 arresti e una cinquantina di feriti, tra i quali quattro giornalisti e fotoreporter che dicono di essere stati colpiti a manganellate dagli agenti. La polizia ha denunciato 48 feriti tra i suoi uomini.
Lo scopo delle forze dell’ordine era ripulire Mong Kok dai troppi venditori di strada, soprattutto quelli che offrono cibo. Le fish ball, polpette di pesce, sono uno dei cibi di strada venduti a Hong Kong e i banchetti, senza licenza commerciale, che li offrono, erano proprio tra gli obiettivi dell’operazione. Secondo gli attivisti di Hong Kong, Indigenous, un movimento locale anti-cinese, invece, l’obiettivo è quello di cancellare passo dopo passo la cultura locale, trasformando Hong Kong in una «città completamente cinese». Lancio di mattoni, bottiglie, e barricate alzate con i cassoni della spazzatura: ecco la risposta. Ci sono stati anche roghi di cassonetti e pneumatici.
Le immagini riprese da fotoreporter e tv locali hanno trasformato l’episodio in polemica politica: su Twitter è stato subito creato l’hashtag #FishballRevolution. Che ricorda quello dei mesi della protesta del 2014, il cui simbolo erano diventati gli ombrelli gialli usati per proteggersi dagli spray urticanti della polizia, #UmbrellaRevolution.