Trivelle, quanta ipocrisia sul referendum del 17 aprile
12 Febbraio 2016
di redazione
Il Consiglio dei ministri ha definito la data per il referendum "notriv", contro nuovi investimenti nell’offshore. Le associazioni ambientaliste avevano chiesto di votare il referendum insieme al primo turno delle amministrative, ma il Cdm ha deciso che il referendum si farà il 17 aprile. Il Consiglio dei ministri è stato quindi contrario ad accorpare il referendum con le amministrative in una sorta di «election day».
Insieme alle associazioni ambientaliste, la richiesta di accorpamento era stata avanzata dai presidenti delle Regioni contrarie alle trivellazioni, e dal Movimento Cinquestelle. "Il governo è rimasto sordo agli appelli di tutte le associazioni ambientaliste e ha tirato dritto per la sua strada" hanno commentato a caldo i parlamentari delle commissioni Ambiente e Attività produttive del M5S.
Secondo Piero Lacorazza (Pd), presidente del Consiglio regionale della Basilicata: "Evidentemente al Governo manca il coraggio di far scegliere agli italiani. In questo modo, non solo si rifiuta l’accorpamento con le amministrative, che farebbe risparmiare 300 milioni di euro, ma si finisce per mortificare ogni possibilità di partecipazione consapevole dei cittadini alla consultazione referendaria, che per sua natura ha bisogno di un tempo utile per conoscere e valutare il quesito che viene posto agli italiani. E due mesi, come tutti possono facilmente osservare, non bastano neanche per aprire la discussione".
A questo punto, continua Lacorazza, "non resta che appellarsi nuovamente al presidente della Repubblica Sergio Mattarella, per chiedere una ulteriore riflessione sulla scelta proposta dal Governo. Nei prossimi giorni valuteremo le scelte da adottare". Il 17 aprile, ai cittadini verrà chiesto quindi di abrogare o mantenere la norma della legge di stabilità sulla "durata" dei giacimenti. Un referendum complesso a proposito di una materia, lo sfruttamento degli idrocarburi, su cui viene fatta una enorme propaganda, tanto più che il governo, facendo un passo indietro rispetto agli investimenti previsti e decidendo di reintrodurre il limite delle 12 miglia marine per le trivellazioni a mare, ha dato spago al composito fronte notriv.
Resta da capire in che modo i notriv pensino di far andare avanti il nostro Paese. Non solo dal punto di vista della attrazione degli investimenti (bloccata a questo punto nel comparto idrocarburi) ma anche da quello della soddisfazione del fabbisogno energetico dell’Italia, dipendente dall’estero in materia di energia. E’ evidente che ogni giorno, per muoverci, riscaldarci, insomma in mille aspetti della nostra vita quotidiana abbiamo bisogno di energia. L’Italia ha rinunciato al nucleare, ora si chiede di dire no anche al petrolio, si contestano i gasdotti e opere come il TAP. Ma bisognerebbe avere il coraggio di ammettere che le rinnovabili, al momento, non sono in grado di soddisfare il fabbisogno. Se questo non lo si dice, è soltanto una forma di ipocrisia.