Una lettera anonima per denunciare l’incapacità professionale di uno degli uomini più potenti dello stato francese. E’ questa l’inusuale protesta del reparto speciale della gendarmeria nazionale, il Gign, che sta riaccendendo la polemica sulla gestione dei momenti più concitati degli attentati del 13 novembre scorso a Parigi.
All’inizio dell’azione jihadista un gruppo del GIGN fu preposizionato su richiesta delle autorità in una caserma nel centro della capitale francese, in caso di bisogno. Secondo quanto scritto nella lettera, 40 uomini erano pronti a intervenire al Bataclan, erano da poco passate le 23, ma Bonneau tergiversava e cercava di entrare in contatto con le altre unità d’élite, senza riuscirci.
In particolare, viene contestato al colonnello Herbert Bonneau, capo delle teste di cuoio, di essersi “nascosto dietro a competenze territoriali” per evitare di far intervenire i reparti scelti nel teatro Bataclan, al cui interno persero la vita 130 persone. I militari continuano: “Eravamo pronti a sferrare l’assalto ma il colonnello attendeva saggiamente di essere chiamato.”
La lettera missiva ha il sapore di un ammutinamento e non ha precedenti nella storia francese e rivela il grado di tensione, e frustrazione, presente all’interno dei vari rami dello stato. Le competenze territoriali alle quali si fa riferimento partono da una suddivisione generale per la quale, tradizionalmente, la gendarmeria è chiamata ad intervenire nelle piccole e medie città, oltre che nelle zone rurali, mentre la polizia gestisce le metropoli. Ma la notte del 13 novembre qualcosa non è andato come avrebbe dovuto e nella lettera si legge: “Il colonnello Bonneau ha semplicemente dimenticato di essere un gendarme. Ci vergogniamo di lui come di noi stessi.”
Perché quella notte gli uomini del Ging vengono allertati alle 22,26, cioè un’ora dopo le esplosioni allo Stade de France. Perché questo ritardo?
Il comandante riceve l’ordine di dislocare i suoi uomini in una caserma vicino place de la Bastille. 22.06: i militari, addestrati ad intervenire in ogni tipo di circostanza, da attacchi nucleari e chimici a dirottamenti, attendono li per 3 ore senza essere chiamati. Dell’intervento, invece, se ne occupano le Bri, Brigate di ricerca ed intervento, entrate nel Bataclan alle 22,20, ovvero 40 minuti dopo l’ingresso dei terroristi. Alle 22,48 arrivano i rinforzi del “Raid”, le unità d’elite della polizia. Ecco com’è andata la gestione di quella fatidica notte. Un’uscita di scena dei reparti speciali della gendarmeria che oggi, a quanto pare, non è stata ancora digerita.
Impossibile sapere se le cose sarebbero potute andare diversamente e si sarebbero potute salvare più vite, ma in Francia la polemica divampa.
Intanto i gendarmi insorti contro il loro capo si dicono “scandalizzati e traumatizzati da questo evento”, cioè dal fatto che il blitz al Bataclan sia stato condotto da unità d’élite della polizia. Nella lettera, indirizzata al patron della gendarmeria nazionale Denis Favier, il cauto colonnello viene descritto come “un cattivo capo, che fa di tutto per minimizzare la Forza d’intervento”.
Accuse, forse, di uomini che rivendicano innanzitutto il primato del loro corpo d’azione, ma che lasciano planare il dubbio che le cose sarebbero potute andare meglio quella notte, o comunque meno peggio.