Stampa libera addio
19 Maggio 2016
Stampa libera addio. L’editto toscano, infinitamente più efficace del tanto sbandierato “editto bulgaro” di cui fu accusato Berlusconi, colpisce ancora, nel silenzio generale.
In due giorni abbiamo visto cadere, come fossero birilli, prima Belpietro e poi Porro. L’occupazione della Rai prosegue a ritmo forzato, e dopo i pizzini recapitati a Vespa, prossimamene vedremo sparire anche Bianca Berlinguer e Mauro Masi. I direttori dei grandi giornali hanno già compiuto il loro giro di valzer e di poltrone, e il risultato è l’allineamento assoluto.
Non c’è più una sola testata, televisiva o di carta, su cui Renzi non abbia messo le mani, se appena poteva: dove non arriva il nostro amato premier arriva il fido Verdini, e ancora non abbiamo ammirato l’opera completa.
Restano poche, piccole, isole: la Sette, con un editore come Cairo, interessato a fare il proprio mestiere, il Fatto quotidiano, il Giornale di proprietà berlusconiana.
Il “ducetto di Rignano sull’Arno”, come lo chiama Dagospia, è uno specialista dell’occupazione del potere, e non sopporta di essere contraddetto. Il suo stile è il one man show, domande niente, al massimo slide, e infatti hanno inventato per lui “Matteo risponde”, un meraviglioso sistema per inscenare un finto dialogo attraverso un vero monologo.
Matteo mantiene questo metodo anche in Parlamento: qualunque domanda seria è vista come una provocazione, e dimenticando che ogni rappresentante del governo, quando si trova in parlamento, deve rispettare il bon ton istituzionale (e quindi comportarsi come un ospite, non come il padrone di casa), straparla, si prende tempi non suoi, replica quando non ne ha diritto, dimostra tutta la sua insofferenza nei confronti delle regole democratiche.
Ma il problema non è di forma, è di sostanza. E mette i brividi constatare come tutta la sollevazione dell’intellighenzia nazionale, tutta la fiera protesta messa in campo quando c’erano altri presidenti del consiglio, oggi è ridotta al massimo a un cauto bisbiglio isolato.
Nessuno alza la voce (lo ha fatto Di Battista a favore di Maurizio Belpietro, e gliene rendiamo merito), nessuno organizza girotondi, manifestazioni, sciarpe viola, raccolta di firme davanti alla Rai.
Tutti zitti: tutti “tengono famiglia”, come scriveva Longanesi, perché sanno che questo non è come il bonario Cavaliere; questo le epurazioni non le annuncia, le fa sul serio.