Al vertice di Ventotene è Brexit il convitato di pietra
22 Agosto 2016
Apprendiamo dal fondatore di Repubblica, Eugenio Scalfari, che il presidente del consiglio Renzi, nel vertice europeo a Ventotene, con la cancelliera Merkel e il presidente Hollande, dovrebbe proporre, anzi, “imporre” – nientemeno – un ministro delle finanze dell’eurozona, oltre alla formazione di battaglioni europei per la Difesa comune e a un rilancio di Eurosud in chiave di stabilizzazione della Libia. “Vaste programme”, avrebbe detto qualcuno, visto che se pure un ministro delle finanze europeo dovesse mai nascere rischia di essere una sorta di riedizione di Mister Pesc, ovvero una carica meramente simbolica, mentre Eurosud fino adesso è stata una chimera considerando le difficoltà di un’armonizzazione geopolitica tra stati divisi anche geograficamente come Italia, Spagna e Grecia – che non fanno certo esercitazioni militari comuni come il gruppo di Visegrad (V4).
Detto ciò, Scalfari, che ha sentito per telefono Renzi, conclude che il vertice del trio potrebbe funzionare solo se il premier italiano Renzi si guadagnasse un posto di rilievo in Europa, cosa che è legata al referendum costituzionale, del quale ancora non conosciamo la data e che nei sondaggi sembra essere sfavorevole al premier, ci permettiamo di aggiungere noi. In realtà, l’appuntamento di Ventotene servirà più che altro a discutere della risposta da dare a Brexit, cioè all’uscita della Gran Bretagna dall’Europa, un evento che va esattamente nella direzione opposta a quella di un rinnovato spirito europeo, a un mese di distanza dal vertice di Bratislava, quando i 27 si riuniranno in Slovacchia per capire se si può mettere una pezza all’euroscetticismo dilagante nel Vecchio Continente. Al vertice di Bratislava non ci sarà Theresa May, il primo ministro inglese che non è stata invitata al meeting nonostante la Gran Bretagna sia ancora formalmente nella Ue per almeno altri due anni, fino a quando non saranno completati i negoziati sulla uscita dalla Unione previsti dall’articolo 50.
Insomma, l’impressione è che il rilancio dei valori europei, al momento, debba scontrarsi con una realtà molto più dura e pericolosa per la Ue che rischia di sfasciarsi dopo il Leave degli inglesi. Il timore che circola anche nei piani alti di Bruxelles è che Brexit sia una specie di contagio o effetto domino che potrebbe spingere altri Stati a chiudere le frontiere piuttosto che ad aprirle, si pensi a quanto sta accadendo sulla immigrazione. Lo stesso Donald Tusk, presidente del Consiglio Europeo, ha affermato che molti dei suoi colleghi alla guida dei Paesi membri hanno ignorato il sentimento di opposizione e rifiuto che cresce tra i cittadini europei verso Bruxelles, mentre i leader, compreso il trio di Ventotene, sembrano “ossessionati con l’idea di una integrazione totale e istantanea”, parola di Tusk.
Lo spettro di Brexit si aggira per l’Europa, il voto scioccante della Gran Bretagna è benzina per gli altri movimenti euroscettici ed eurofobici che crescono in diversi stati dell’Unione, i sondaggi effettuati in tanti Paesi Ue mostrano che meno della metà degli intervistati voterebbero Sì a una permanenza del loro Paese in Europa. Di fronte a uno scenario del genere, non è chiaro in che modo Matteo Renzi possa convincere la signora Merkel, che presto dovrà rendere conto ai suoi elettori dell’azione politica di questi ultimi anni, a creare un ministro delle finanze Ue, con la banca centrale tedesca che rema contro. Non siamo pregiudizialmente contro l’Europa o l’idea degli Stati Uniti d’Europa, né ci sogniamo di dire che l’Italia debba uscire dalla Ue, ma considerando l’attuale debolezza politica del premier, i rischi che corre Renzi al referendum costituzionale, e tutto quello che abbiamo detto sui sentimenti diffusi dei popoli europei verso l’Unione, qualcosa ci dice che questo incontro a Ventotene, al di là dei soliti proclami, non resusciterà gli ideali di Rossi e Spinelli.
Forse perché le leadership europee, e quella italiana in primis, devono capire che bisogna andare oltre il Manifesto di Ventotene (il documento redatto dagli antifascisti nei primi anni Quaranta che gettò le basi dell’Europa federale) e comprendere quali sono le reali dinamiche geopolitiche che determinano il grande gioco nell’Europa di oggi.