Jobs Act, Consulta stoppa referendum su art.18. Ok a voucher e appalti
12 Gennaio 2017
Il referendum sull’art. 18, proposto dalla Cgil per abrogare le modifiche apportate dal Jobs Act allo Statuto dei lavoratori e reintrodurre i limiti per i licenziamenti senza giusta causa, non si farà: la Corte Costituzionale, infatti, ha dichiarato inammissibile il quesito. Via libera invece ai quesiti sui voucher e sulla responsabilità in solido appaltante – appaltatore.
Sui voucher, i buoni lavoro che il Jobs Act ha ampliato e modificato, il governo ha già reso noto di voler intervenire. Se lo farà con una nuova norma, il referendum cadrà.
Sembra dunque disinnescata la mina che avrebbe portato velocemente alla fine del governo Gentiloni e alle elezioni anticipate. Giorgio Napolitano, rispondendo ai cronisti che gli chiedevano se avesse sentito a riguardo il presidente del Consiglio, Paolo Gentiloni (che ha appena subito un’operazione di angioplastica), non a caso ha detto “deve prendersela un po’ tranquilla, come dicono gli americani ‘take it easy'”. La tranquillità è dovuto al rischio scampato di forti pressioni renziane per sciogliere il governo e andare alle elezioni politiche, motivando l’urgenza con la necessità e di evitare il voto referendario.
Sul fronte opposto la Cgil, che forte dei suoi 3,3 milioni di firme a sostegno del referendum per abrogare l’articolo 18, dichiara guerra: “Da oggi siamo in campagna elettorale e da oggi chiederemo al governo tutti i giorni quando si voterà”.
“Abbiamo notato in questi giorni che c’e stato un dibattito intenso nel paese sui quesiti. A nostra memoria non ricordiamo un’attenzione analoga”, ha detto Camusso che ha criticato la decisione del governo di intervenire con l’avvocatura: “Non era dovuto”.
Intanto, secondo fonti parlamentari, la capigruppo della Camera ha calendarizzato in Aula per il 23 gennaio la mozione di Sinistra Italiana che impegna il governo “ad adottare le opportune iniziative normative volte a dare seguito alle richieste contenute nei quesiti referendari promossi dalla Cgil, in relazione ai quali sono state raccolte oltre 3 milioni di firme”.
Per il capogruppo di Forza Italia in Commissione Affari costituzionali alla Camera, Francesco Paolo Sisto, “il quesito sull’art.18 era geneticamente inammissibile, essendo di fatto innovativo. Per questo la decisione della Consulta non da’ adito ad inneggiare alla correttezza delle scelte del governo Renzi ne’ a parlare di sentenza politica. Piuttosto, – afferma Sisto – se effetti politici ci sono, benché indiretti, questi riguardano i tempi per la nuova legge elettorale”.
Secondo Maurizio Sacconi, presidente della Commissione lavoro del Senato, “la Consulta ha confermato il suo orientamento giurisprudenziale ostile ai quesiti “creativi”. Prevedibile la decisione quindi e utile ad evitare un conflitto sociale e politico antistorico nel momento in cui la quarta rivoluzione industriale sollecita l’investimento nelle competenze quale fondamentale tutela dei lavoratori. Dovremo ora verificare se sarà possibile correggere le disposizioni sugli altri quesiti in termini contemporaneamente utili alla evoluzione del mercato del lavoro e alla possibilità di evitare la contesa referendaria”.
Contraddittoria la reazione della Lega: mentre Salvini attacca la Consulta, definendo la sentenza “politica, gradita ai poteri forti e al governo”, e annuncia che nei prossimi giorni ci sarà un presidio leghista davanti alla sede della Corte, in vista della sentenza sull’Italicum, Calderoli plaude, e dà una valutazione positiva della sentenza, giudicandola “condivisibile sia rispetto alle due ammissibilità sia rispetto alla non ammissibilità al referendum sull’articolo 18″.