Sisma, il modello Errani e tutto quello che il governo non dice
31 Agosto 2016
L’ex governatore dell’Emilia-Romagna dice di voler muoversi con estrema cautela. E ha ragione perché il cosiddetto “modello emiliano” non sembra così inattaccabile. Nei giorni scorsi, il premier Renzi ha motivato la scelta dell’uomo politico di Ravenna con il fatto che Errani aveva ottimamente gestito il terremoto del 2012 in provincia di Modena e dintorni. È stato davvero così? Ha ragione Matteo o Guido Bertolaso, già numero uno della Protezione civile, che ha invece bocciato la nomina?
Sarebbe bastato andare a recuperare i giornali e le carte di quattro anni fa per rendersi conto che, almeno prima dell’evento sismico, non è andata proprio così, anzi. In effetti, già nel 1998, ben quattordici anni prima del terremoto emiliano, i Comuni poi colpiti dal terremoto erano stati considerati a rischio, ma il grido d’allarme cadde, allora, nel vuoto. Solo nel 2003 venne emanato un decreto della presidenza del Consiglio e in quell’elenco c’erano anche i Comuni emiliani. La Regione approvò la nuova classificazione, ma il decreto venne ignorato (così come un provvedimento governativo emanato nel 2006) con le conseguenze che tutti sappiamo. Se la giunta presieduta da Errani fosse invece intervenuta subito ci sarebbe stato il tempo per intervenire in quei Comuni, inseriti nella seconda categoria di pericolosità, successivamente colpiti e affondati.
Ovviamente, dopo il disastro che colpì la Bassa (con 27 vittime), la Regione cercò di correre ai ripari. Il rapporto venne consegnato alla Regione nel febbraio 2013 ma i risultati, chissà perché, furono pubblicati solo nel successivo aprile dalla rivista americana Science. Gli esperti, c’è scritto testualmente, “non escludevano”, quasi per sottrarre responsabilità alla Regione stessa, che le estrazioni petrolifere potessero aver causato la scossa del 20 maggio.
Rileggendo quelle carte, ci sono anche altre sorprese. Un anno prima delle scosse nella Bassa, l’11 maggio del 2011, si era provato a snellire la normativa antisismica percé per la Regione frenava lo sviluppo economico di una delle zone più ricche d’Italia. Salvo poi ricredersi completamente all’indomani del sisma del 2012.
Come si destreggerà adesso l’ex governatore dell’Emilia? Forse sarebbe stato meglio, come ha suggerito Salvini, nominare invece l’ex-commissario di Roma Francesco Paolo Tronca, un prefetto che ha già dimostrato con le emergenze capitoline di rispondere solo allo istituzioni e non ai partiti.
Nella roccaforte del Pd, del resto, tutto deve procedere secondo le regole. Criminali, mazzette e clan, non atrovano mai spazio nella loro personale narrazione. La lista di animalie è davvero lunga. L’Espresso documentò tre anni fa l’intromissione della ‘ndrangheta nella filiera dello smaltimento delle macerie. Poi i subappalti finiti ad aziende legate ai clan e i sospetti su una cricca di professionisti che si sarebbero arricchiti con i fondi per la ricostruzione. E infine il caso del cemento “fragile” usato per una scuola pubblica.
Inoltre, a luglio del 2012 il commissario per l’emergenza Vasco Errani, aveva stanziato l’ingente somma di 56 milioni di euro, al fine di ricostruire entro la fine di settembre, edifici scolastici temporanei, a seguito della rovina di quelli esistenti. E in questa “situazione” compare, ancora una volta, la società di San Felice (già finita sotto sequestro e adesso gestita da un’amministratore giudiziario per conto del tribunale), guidata all’epoca da Augusto Bianchini e ora imputato per concorso esterno. In questo caso è sospettata di aver smaltito amianto in alcuni cantieri della ricostruzione. È emerso, inoltre, dall’indagine che nei cantieri di Bianchini lavoravano maestranze assunte grazie all’intermediazione dei boss delle ‘ndrine emiliane: trattati come schiavi!
E’ anche alla luce di ciò che si accende la polemica introno alla nomina dell’ex presidente dell‘Emilia-Romagna. Il che fa pensare alle opposizioni, in particolare a FI e Lega, che la volontà di puntare su di lui sia dovuta a ragioni tutte politiche: rendere più mansueta la componente ribelle interna in vista della battaglia referendaria. È questa l’accusa diretta che parte da Maurizio Gasparri.