Ma Hillary è malata o inadeguata?
13 Settembre 2016
Mancano cinquantasette giorni alle presidenziali americane, e ripetere che queste elezioni 2016 sono le più imprevedibili della storia, ormai è una banalità giornalistica. Ci saremmo accontentati volentieri delle mail scomparse dall’account di posta elettronica della Clinton; o delle accuse di un attacco hacker russo agli archivi del partito democratico (e magari, secondo i democratici, manovrato da Trump!); oppure dei guai provocati dalla ‘Foundation Clinton‘ (l’associazione benefica di famiglia) che, secondo molti, avrebbe orientato le decisioni di Hillary in veste di Segretario di Stato, per dipingerle con i toni di una incredibile trama. E invece mancava ancora l’ultimo intrigo machiavellico: la signora Clinton non godrebbe della salute necessaria per governare.
E così, dopo che la sua famosa tosse era stata giustificata ripetutamente come una comune allergia di stagione, su cui i giornaloni avevano subito giocato trasformandola in “allergia a Trump”, il medico di Hillary è stato costretto a rilasciare la scioccante dichiarazione che la vuole malata di polmonite. Le immagini che la vedono cedere sulle sue stesse gambe, riprese in modo fortuito da un passante, e che hanno fatto il giro del pianeta, non hanno consentito altre tergiversazioni. Il mondo conservatore ha sbottonato un “ve l’avevamo detto” a cui sta dando enfasi, questa volta, la stampa liberal che già racconta la possibilità di un cambio di candidato in casa del partito democratico.
Ancora una volta ciò che complica la posizione della Clinton non è, soltanto, la sua cartella clinica, ma l’ennesima prova di una gestione opaca (con le relative insistenze che andasse tutto benissimo) di quel dossier che è la sua salute. E poco importa – ferma restando l’umana compassione – se si tratta solo di polmonite o di qualcosa di ancor più grave. L’apparato menzognero già messo in scena, ora offre il suo fianco più debole. E probabilmente, questa volta, quel mondo che non tollera la bugia pubblica per un interesse personale e che ha già visto le anime belle, garanti della moralità e della legalità, uscire lacere per gli altri scandali che hanno investito l’ex first lady, ora, è costretto a tenere la coda tra le gambe.
Gli architetti della campagna presidenziale, i molto più che semplici ‘spin doctors‘, sono alle prese con una matassa difficile da sbrogliare e l’esternazione che hanno messo sulle labbra di Hillary, “adesso mi sento più forte, dopo esser apparsa debole”, già scricchiola. Qualcosa di più arguto le era stato suggerito, invece, pochi giorni fa. Era una tattica fine la dichiarazione dedicata ai sostenitori di Trump e che suonava più o meno così: sono “un cesto di miserabili”. Il cesto pieno di razzisti, fascisti, xenofobi, omofobi, islamofobi, populisti, fautori della supremazia bianca e di un milione di altre cose.
La tecnica di mettere gli indecisi nella condizione psicologica di volersi estranei ad una dimensione densa di estremismo e fanatismo, e quindi a disagio con il mondo di Trump, poteva risultare vincente. Ma Hillary non ha saputo gestirla, né nei modi, né nei tempi. Si è vista costretta a ritrattare, a giustificarsi. Convincere, infatti, gli elettori che il Don sia pericoloso, inadatto, cattivo e ripugnate come mai prima di lui nella storia, poteva, (o potrebbe) essere la chiave di volta capace di rosicchiare i punti percentuali che separano i due candidati. Soprattutto là dove Trump non riuscisse a dirottare i suoi discorsi sulle notizie quotidiane per fermarli alle invettive bersaglio preferito della stampa.
Ma ora che i colpi di scena non mancano, che le pedine si muovono più velocemente e che lo scenario potrebbe cambiare irrimediabilmente, nonostante pochi se ne siano accorti, è il politicamente corretto l’area dei calci di rigore più importanti. Quali che siano i marcatori. “Sto con Trump. Basta col politicamente corretto”, aveva gridato Clint Eastwood denunciando l’unica cosa di cui sono davvero stufi gli americani (e non solo!). La Clinton, mentre teneva il dito puntato sull’elettorato di Trump, ha preso a campione un personaggio per lo più sconosciuto dalle nostre parti, ma già una star in America, Milo Yiannopoulos, giornalista e imprenditore di professione. “The most fabulous supervillain on the internet”, il più famoso dei supercattivi in rete: in questo modo ama definirsi Milo. Dove “fabulous” sta a rimarcare una evidente identità omosessuale. Razzista, misogino, sessista, di estrema destra, così lo vogliono e per questo Twitter lo ha bannato. Accuse che sembrano una ridicola contraddizione in termini visto che il personaggio è, appunto, un omosessuale, ebreo e che enumera tra i suoi “fidanzati” persone di colore.
Il suo peccato più grande è essere diventato l’araldo di una crociata contro il politicamente corretto. Ma soprattutto è reo della capacità di mettere pulci nell’orecchio di una sinistra progressista che sguazza nella sicumera che le garantisce, a dismisura, la stampa. Yiannopoulos, fedelissimo di Trump, in una intervista alla CNBC, si dice, tra le tante cose, terrorizzato dal nichilismo della Clinton, e capace, per questo, di sentirsi protetto solo dall’esponente di un partito che non si ostina a negare il pericolo dell’islam. Nel 2011 l’Amministrazione Obama pubblicò una dettagliata direttiva per creare negli atenei sistemi di sorveglianza su tutto quel che poteva essere ritenuto “abuso sessuale” e “discriminazione“, pena la sospensione dei fondi federali. Hillary da presidente continuerebbe su quella stessa lunghezza d’onda. Anzi. A sua disposizione avrebbe su lavoro, educazione, giustizia e ambiente, il potere delle agenzie federali per agire contro gli stati e i privati che non hanno intenzione di adeguarsi agli standard del politicamente corretto. E la cosa a quelli come Yiannopoulos fa venire le vertigini.