“America First”, Trump riscrive la Storia

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“America First”, Trump riscrive la Storia

20 Gennaio 2017

“Ancora tre giorni e l’incubo diventerà realtà”. Titolava così l’Unità del 17 gennaio scorso, in un articolo a firma di Enrico Deaglio. Tre giorni dopo, il discorso di insediamento del Don presidente è tutto pro-America e contro la globalizzazione e l’elite politica americana, mentre la Nato, l’alleanza atlantica, non viene citata neppure una volta. Secondo l’Unità, è difficile che Trump possa uscire indenne da una sfida del genere. Sul “Corriere” del 18 gennaio viene definito un amico di Putin, un uomo in grado di mette in pericolo la democrazia Usa, l’Unione europea e la Nato. Secondo noi, sono i media mainstream ad essere sull’orlo di una crisi di nervi.

Pensiamo all’Italia. Una paese vulnerabile, scrive il Corriere del 16 gennaio scorso. Dove sono crollati i consumi alimentari al Sud, ricorda il Sole 24 Ore – e questo dà l’idea della povertà. A dieci anni dalla crisi del 2008, insomma, mentre il mondo è ripartito, l’Italia no. Le nostre banche ormai sono simili a quelle brasiliane e turche, scontiamo crescita inesistente, debito  patologico, disoccupazione, crisi demografica, immigrazione incontrollata: l’Italia è un peso per l’Europa, dichiarano spesso i tedeschi. Per Wolfgang Münchau, direttore del prestigioso “Eurointelligence”, per l’Italia aderire all’euro ha comportato la perdita del 25% del Pil. Nonostante il paese sia in queste condizioni, sempre a chiedere alla Germania qualche decimale di flessibilità, con una parte della politica e dei media nostrani pronti ad accusare la Merkel di essere un killer del Belpaese, poi si finisce per difendere Angela contro Trump, il nuovo Hitler in combutta con Putin. Trump, in realtà, considera l’Europa il continente in declino. L’Unione non funziona più come, ha dimostrato Brexit. 

Per Eurointelligence del 19 gennaio, Trump ha ragione sull’Europa: Münchau cita Sebastian Mallaby, di certo non un populista, che a sua volta, sul Washington Post, aveva spiegato che Trump non sbaglia a prevedere il crollo della Unione. Lo dimostra il successo di Brexit, il Regno Unito disposto a uscire dal mercato unico europeo, pronto ad abbandonare tutte le strutture politiche della Ue per riavere indietro la propria sovranità. Poiché gli inglesi non sono idealisti e sono sempre attenti ai propri interessi (la Gran Bretagna ha annunciato di avere intenzione di fare accordi con Stati Uniti, Cina, India, Australia, Corea del Sud, Arabia saudita) è chiaro che oggi, 20 gennaio, con l’insediamento di Trump inizia una nuova partita, dove tutti sono concorrenti, come dice al Corriere Norbert Röttinger, presidente degli Affari Esteri del Bundestag, preoccupato che Trump consideri la Nato obsoleta.

Ma la Germania, fortemente biasimata in questi giorni dal governo italiano per avere chiesto il ritiro dal mercato dei modelli diesel FCA per violazione delle norme europee sulle emissioni, è davvero preoccupata per l’alzata di spalle trumpista verso l’Europa? Münchau su Eurointelligence si chiede fino a quando l’industria tedesca sarà in grado di sostenere la posizione di Angela Merkel, per la quale la coesione Ue è più importante dei profitti delle imprese. A Der Spiegel un importante rappresentante dell’industria tedesca spiega che le imprese tedesche hanno investito 120 miliardi di euro nel Regno Unito, la maggior parte del quale sarà persa con Brexit.

Senza contare gli enormi surplus commerciali annui che corrono tra Germania e Gran Bretagna, il terzo mercato d’esportazione dell’economia tedesca. Per Münchau, quando il governo britannico inizierà a negoziare concretamente Brexit, per l’industria tedesca sarà difficile continuare ad appoggiare la posizione della Merkel. In Italia se la prendono con l’austerity di Bruxelles, si dice che l’Europa impedisce la crescita, ma ci si straccia le vesti quando Trump boccia l’Europa che non funziona più. Succede per le stesse ragioni che hanno spinto l’establishment clintoniano, ed anche figure di spicco dei Repubblicani, a delegittimare Trump: vogliono rimanere al potere. Basta vedere il miliardario Soros, l’uomo che distrusse la lira e aveva investito miliardi nella campagna di Hillary, annunciare alla Bbc il giorno prima dell’inauguration day che Trump è un dittatore.