Il discorso di Trump sulla “Nuova America”

LOCCIDENTALE_800x1600
LOCCIDENTALE_800x1600
Dona oggi

Fai una donazione!

Gli articoli dell’Occidentale sono liberi perché vogliamo che li leggano tante persone. Ma scriverli, verificarli e pubblicarli ha un costo. Se hai a cuore un’informazione approfondita e accurata puoi darci una mano facendo una libera donazione da sostenitore online. Più saranno le donazioni verso l’Occidentale, più reportage e commenti potremo pubblicare.

Il discorso di Trump sulla “Nuova America”

22 Gennaio 2017

Dicono che il primo discorso di Trump è stato troppo aggressivo ma è normale sentirsi aggrediti dopo un decennio di soffusa quanto logora retorica obamiana tutto all’insegna della speranza e di un cambiamento che non è mai arrivato. Un’altra critica che è stata mossa al Don è di aver ripetuto anche stavolta gli slogan della campagna elettorale contro l’establishment e sull’America derubata dalla globalizzazione. Le classi dirigenti che mi hanno preceduto, ha detto Trump, hanno arricchito gli altri paesi e impoverito le famiglie americane, “hanno festeggiato i loro successi, ma non erano i vostri successi”. I curatori fallimentari, gli Obama, i Clinton, Bush figlio, erano dietro di lui e ascoltavano impietriti. 

Ma perché Donald Trump nel suo discorso si è rifiutato di trovare qualsiasi soluzione di compromesso con le elite? E’ presto detto: mentre scriviamo i grandi media mandano in onda entusiastiche immagini sulle manifestazioni di piazza contro il presidente, la versione americana del nostrano “Se non ora quando”, le donne contro Trump. Siamo in un contesto di aperta ostilità dei media, del potere costituito e dei gruppi di pressione nei confronti del presidente. Davanti a una situazione del genere, Trump aveva un’occasione imperdibile e l’ha sfruttata: rivolgersi direttamente in televisione a milioni di americani, senza filtri, per esporre il suo programma, che si può riassumere nella frase “merci americane per salari americani”.  

Nel discorso ci sono stati anche importanti passaggi di riconciliazione che dovrebbero far riflettere i teorici del “pericolo nazionalista bianco”. L’America è forte quando è unita, ha spiegato il presidente, il sangue dei patrioti americani ha lo stesso colore, che sia stato versato dai bianchi o dai neri non fa differenza. Non sembra una tipica frase da Ku Klux Klan. Anche le perplessità sulle prossime mosse di Trump in politica estera dovrebbero indurre a più cautela sulla caricatura del “dittatore” pronto a fare a pezzi le regole della comunità internazionale. Trump ha parlato di “vecchi e nuovi” alleati degli Usa, non ha detto mandiamo al diavolo le relazioni internazionali. E’ questo il punto. Trump è un presidente realista in un’epoca multipolare. Si muove quindi sulla base di cosa è conveniente per l’interesse nazionale americano. 

Il presidente non ha parlato della Nato né dei suoi alleati europei, dopo aver fatto capire in campagna elettorale agli americani che, mentre loro pagavano il prezzo delle guerre combattute per gli europei, la vecchia Europa difendeva a spada tratta il suo costoso welfare. Indicativo che il Messico lanci segnali di distensione; dopo la fulminea estradizione negli Usa del boss del narcotraffico El Chapo, è stata già fissata la data per l’incontro tra il Don e il presidente Nieto. Intanto la Russia, che viene annoverata tra i papabili nuovi alleati degli Usa, guarda con un po’ di apprensione all’invito rivolto dal Kazakistan all’amministrazione americana di partecipare alla conferenza di Astana sulla Siria, invito che è stato gentilmente declinato da Washington. Favore a Putin o messaggio cifrato?

Insomma che farà Trump? L’incertezza che aleggia a livello internazionale rafforza il presidente americano, che non appare molto più nazionalista del jeffersoniano ‘fai affari con tutti senza essere troppo amico di nessuno’, una Dottrina Monroe rivisitata per un’America che non accetta intromissioni negli affari interni da parte di altre potenze. Gli odiatori di Trump o chi guarda al presidente Usa con la solita prevenzione non capiscono questo, che il Don è un prodotto spontaneo della storia americana, che il suo discorso attinge a temi utopici come la conquista della frontiera e la rivendicazione della propria identità. La “Nuova America”, dopotutto.  

PS. “Trump Presidente! La Nuova America” è il titolo del nostro libro su Trump che nei prossimi giorni pubblicheremo come prima uscita della nuova collana editoriale dell’Occidentale, Postverità. Nelle immagini a corredo di questo articolo trovate qualche spiegazione in più sul nostro libro. Per maggiori informazioni l’email è r.santoro@loccidentale.it