Ferrovie, ATAC e Roma
20 Novembre 2016
E alla fine ci riusciranno. Non che ci sia una contrarietà di carattere ideologico. Cercare di avere un player nel comparto dei trasporti forte e nel contempo un trasporto pubblico più efficiente, crediamo siano obiettivi assolutamente condivisibili. Ma, talvolta, il metodo fa la differenza. Ferrovie, specie dall’era Moretti, ha giustamente aspirato ad una propria forte crescita in prospettiva internazionale. Divenire protagonisti in un settore di giganti. Una azienda, FS, che ha sempre avuto contatti con istituzioni ed enti locali. Il comune di Roma, ad esempio, ha sempre storicamente avuto un rapporto piuttosto “arrendevole” nei confronti di FS. Basterebbe verificare come l’alta velocità è stata fatta passare a Firenze e Bologna con quali opere e costi e come, invece, è stata inserita nel contesto urbano della Capitale.
Sarebbe interessante analizzare i rapporti delle giunte capitoline con Ferrovie. Dal primo Rutelli a Veltroni. Ma, d’altra parte, il motore della sinistra ha sempre avuto pistoni e bielle lungo l’Appennino tosco-emiliano e non riteniamo sia un caso che negli oltre due decenni passati le leadership della sinistra siano tutte espressione geografica di un’area vasta che parte da Bologna e termina a Roma. Attenzione, non che la giunta di centrodestra abbia operato molto differentemente dalle precedenti, specie da un certo momento in poi. Pensiamo, ad esempio, all’imbarcata di dirigenti, in gran parte provenienti proprio da quella casa madre, avvenuta fra il 2010 ed il 2011. Uomini che non avevano avuto un buon feeling con Moretti e che trovarono in Atac un comodo e remunerativo approdo. Sono gli anni di parentopoli e, soprattutto, dei tagli del Governo Berlusconi al tpl, gli anni della grande crisi venuta dagli USA. Per anni abbiamo creduto che Atac fosse in uno stato comatoso per le famose assunzioni del centrodestra. Un numero che oscillava tra le trecento e le ottocento unità . Ma la verità è che tutto ciò, al netto degli aspetti stigmatizzabili, è una balla clamorosa che ha permesso di occultare i veri deficit dell’azienda.
Un calcolo, seppure approssimativo, è presto fatto. Atac paga circa 45 milioni di stipendi mese per oltre diecimila unità ed ha un MOL negativo medio di oltre 100 milioni anno. Duecentocinquanta gli amministrativi assunti dalla giunta di destra, in gran parte con stipendi da semplici impiegati. Peso complessivo anno? Tra i due ed i tre milioni di euro. Per cui, anche azzerando queste assunzioni il deficit di Atac rimarrebbe sostanzialmente uguale. Ed allora? Molto semplice. Il clamore di una operazione politica stupida e sgangherata è servito a coprire le vere malefatte che si erano prodotte per anni e che si continuavano a produrre, senza soluzione di continuità . Qualcuno ha per caso mai sentito parlare delle quasi mille assunzioni fatte da Veltroni nel 2007 nella sola Atac? Appunto. E dei 350 amministrativi? Nulla. Nel contempo, fornendo come causa parentopoli e i guasti da essa prodotti, dovendo cercare di ridurre il deficit, si tagliano le già deficitarie manutenzioni. Una ferita che, poco alla volta, nel giro di pochi anni, causa un progressivo degrado dei mezzi, vulnerando un esercizio sempre più deficitario.
Quando il centrodestra arriva al governo di Roma il deficit manutentivo era già altissimo. Fra mezzi ed infrastrutture si parlava di oltre un miliardo di euro. Mentre Roma si baloccava con metropolitane come la B1 e la C il TPL moriva lentamente per fortissime carenze manutentive. Oggi abbiamo nuove metropolitane, costate miliardi, che portano, con qualche difficoltà poche migliaia di utenti e, oltretutto, già denunciano gravi carenze progettuali e vecchie metropolitane al collasso con forti carenze manutentive, sovraccariche. Forse, l’unica differenza tra le amministrazioni di sinistra e destra è stata, nel caso del centrodestra, l’assenza di una vera strategia che avesse nella politica un regista ed una filiera di comando con obiettivi chiari da perseguire. Questi personaggi, buoni per qualsiasi causa e bandiera, nominati dal sindaco di turno su suggerimento dei soliti noti, divengono protagonisti di disegni che superano le singole amministrazioni, saldandosi intorno ad interessi molto concreti. La politica, spesso, senza comprendere realmente la portata e gli obiettivi potenziali e possibili dei progetti, ha solo svolto il ruolo di mosca cocchiera. È bastato poco.
Una serie di errori che hanno offerto il fianco, una serie di campagne stampa senza precedenti e tra un basta all’ingerenza della politica e i tagli orizzontali nel comparto dei trasporti, i nuovi dirigenti di Atac, in un numero ed in posizioni che la politica mai aveva raggiunto, decidono di avviare il “risanamento” dell’azienda tagliando le politiche manutentive. Un ottima strategia per portare l’azienda ad un collasso, lento, progressivo, coperto e giustificato da una situazione economica difficile. Troppo complicato proporre modelli gestionali diversi, più compatti, più efficienti, oppure, rivedere le politiche dei ricavi e le loro enormi falle. Anzi, guai a parlare troppo di una bigliettazione che ha prodotto danni economici non calcolabili, sarebbe stato troppo scomodo e rischioso. Molto più facile, al momento opportuno, magari ad infarto in corso, proporre la soluzione finale. Via tutto, magari spacchettando, attraverso un lucroso spezzatino, oppure, ad un solo gestore, mettendo sul piatto un contratto di servizio da molti monitorato con la bava alla bocca. Senza poi contare la miriade di appalti correlati. Un progetto che con la giunta di centrodestra non ha avuto il tempo di dispiegarsi completamente, ma ha trovato una sua tappa importante.
D’altra parte, arrivando alla quotidianità , FS, per bocca del proprio AD, Mazzoncini, lo ha dichiarato senza ipocrisia. Il TPL delle grandi aree metropolitane interessa molto. Comprensibile, sia sul piano industriale che politico. Perché non dobbiamo mai dimenticare che l’attuale AD di FS inizia la sua ascesa manageriale a Firenze. E’ uno dei protagonisti, insieme al futuro ministro Boschi e all’attuale premier Renzi, della cessione di Ataf all’ATI di cui è capofila e al cui interno troviamo Bus Italia, l’azienda del trasporto su gomma di FS. Una Azienda che dopo poco vedrà diventare AD lo stesso Mazzoncini per poi divenire, in sostituzione di Elia, vertice assoluto di Ferrovie, mentre Moretti, altro uomo avvicinatosi a Renzi, plana su Finmeccanica. Una gara che vede esautorare la forte RATP francese. Dicevamo operazione anche politica, perché Atac, nella sola Roma, impiega oltre 10mila addetti ed interessa un indotto molto più ampio e, se proviamo ad immaginare una Ferrovie leader del trasporto pubblico delle aree metropolitane italiane, non crediamo ci sia molto altro da dire. Occupazione di spazi, ruoli chiave ed economie di riferimento, tutto il resto è noia. La sinistra questo l’ha sempre, molto pragmaticamente, compreso bene. Anche troppo bene.