Trump presenta il suo taglio delle tasse:corporate tax scenderà al 15%
26 Aprile 2017
di Redazione
Il Don oggi presenterà un piano per mantenere una delle sue promesse più importanti: una riforma fiscale che tagli le tasse a tutti e riduca l’aliquota sugli utili delle imprese dal 35 al 15%. E’ chiaro però che l’annuncio atteso in queste ore non sarà che l’inizio della sua crociata più ambiziosa: sulla strada dell’obiettivo c’è un Congresso restio a sgravi.
Il piano di Trump è stato confermato anche dal segretario al Tesoro Usa, Steven Mnuchin. “L’attuale 35% – spiega Mnuchin – è uno dei più elevati tra i paesi dell’Ocse ma il tasso effettivo è spesso molto inferiore, a causa dei diversi sistemi di esenzione e di deduzione”. Conti alla mano Trump alleggerirà la tassazione sui profitti generati all’estero e ridurrà l’aliquota corporate dal 35 al 15%, un taglio maggiore di quello al 28% ipotizzato (senza successo) da Obama e di quello al 25% suggerito dai repubblicani nel 2014.
Ovviamente si tratterà di vedere come saranno reperite le risorse per finanziare il taglio, visto e considerato che comporterà mancate entrate per lo Stato pari ad almeno 2.400 miliardi di dollari. Probabilmente il piano non indicherà con esattezza i dettagli (i tagli), limitandosi a fornire le linee guida. Secondo le indiscrezioni trapelate sinora Trump dovrebbe proporre anche sgravi fiscali per le spese per l’assistenza sanitaria dei bambini, simili a quelli che sua figlia Ivanka aveva suggerito durante la campagna elettorale. Per quanto riguarda le tasse per i singoli individui, Trump pensa di ridurre il numero di “bracket” (fasce di reddito), ma ci sono ancora divisioni sulle soglie: Mnuchin vorrebbe il 37% come aliquota massima, sotto l’attuale 39,6%. Trump però aveva promesso il 33%. “Camera, Senato e amministrazione sono sulla stessa linea – assicura Mnuchin – per quanto riguarda la riforma fiscale, che è chiaramente una priorità per il Congresso e che sarà la maggiore riforma fiscale della storia”, ha detto Mnuchin, che si è detto certo che il documento possa ricevere sostegno bipartisan in Congresso. L’ultima parola, dunque, spetta a deputati e senatori.