M5S nel caos per inchiesta firme false: 8 gli indagati, da lunedì interrogatori
18 Novembre 2016
Prosegue l’inchiesta della Procura di Palermo, coordinata dal Procuratore aggiunto Bernardo Petralia e dal pm Claudia Ferrari, sulle firme false a sostegno della presentazione della lista del Movimento 5 Stelle alle Comunali di Palermo del 2012.
Sarebbero almeno otto, tra parlamentari e semplici attivisti del M5S, le persone indagate dalla Procura palermitana con l’accusa di violazione del Testo Unico 570 del 1960 per la composizione e l’elezione degli organi delle amministrazioni comunali, un reato punibile da due a cinque anni di carcere.
Il procuratore aggiunto Petralia e il pm Ferrara ascolteranno gli indagati a partire dalla settimana prossima. Sono già state acquisite invece le testimonianze di decine di persone che cinque anni fa avevano firmato le liste, molte delle quali hanno disconosciuto le proprio firme.
Al momento, nessuno dei deputati che risulterebbero coinvolti nell’inchiesta ha chiesto di essere interrogato dalla Procura, tranne Claudia La Rocca, la deputata pentastellata dell’Ars, che ha deciso di collaborare con i magistrati di Palermo, autoaccusandosi di avere partecipato alla falsificazione delle firme. La Rocca ha riferito quanto a sua conoscenza relativamente alla sera in cui, alla vigilia della consegna dei moduli con le liste elettorali, alcuni attivisti, poi divenuti esponenti del partito, si sarebbero ritrovati a copiare duemila firme raccolte nei giorni precedenti. Decisione presa per il timore che un errore sul luogo di nascita di un candidato invalidasse tutte le firme.
I magistrati non escludono che quella raccolta di firme ricopiate, e dunque non originali, sebbene non abbia portato all’elezione diretta di nessuno di quei candidati, abbia comunque agevolato la successiva candidatura alla Camera e al Senato di altri attivisti che oggi ricoprono ruoli rappresentativi all’interno del Movimento guidato da Beppe Grillo.
La Rocca, dopo essere finita nel registro degli indagati della Procura e nel ciclone mediatico, aveva valutato l’ipotesi di autosospendersi in attesa della fine dell’indagine. Ma, secondo indiscrezioni, sembrerebbe aver cambiato idea: “non mi autosospendo, non capisco come sia stata messa in giro questa voce”, avrebbe confidato a persone a lei vicine.
E’ giallo sul fatto che Grillo fosse stato o meno informato dell’ intenzione della giovane deputata siciliana di parlare con gli inquirenti: sembra infatti che la parlamentare dell’Ars abbia telefonato al leader dei pentastellati prima di andare dai pm, spiegando il motivo della sua decisione di collaborare con gli inquirenti. Cosa che il fondatore dei Cinque Stelle ha però negato.