Islam: quel consenso dietro le persecuzioni dei cristiani
28 Marzo 2016
Il bollettino delle persecuzioni dei cristiani nel mondo è stato aggiornato con l’ultima, sanguinosissima strage a Lahore, in Pakistan. Oltre settanta morti, 30 bambini fra le vittime, centinaia di feriti. Si può scrivere delle modalità vigliacche dell’attacco, il kamikaze che si fa esplodere in un parco affollatissimo per le festività pasquali. Sentiamo e sentiremo le necessarie analisi sui gruppi islamici dietro la carneficina, un groviglio di sigle, divisioni interne all’Islam fondamentalista, scontri e rivalità cementate dall’odio anticristiano e antioccidentale.
I talebani di Jamaat ul Ahrar (Jua), loro la rivendicazione, nascono da una scissione con il più noto Tehrik-e-Taliban e secondo voci non confermate potrebbero avere un qualche rapporto con ISIS (Tekhrik-e-Taliban è invece considerato affiliato di Al Qaeda). L’obiettivo dei terroristi è destabilizzare il governo pakistano, si colpisce nel Punjab, cuore del potere politico-economico del Paese, prendendo di mira i cristiani nella roccaforte governativa della Lega musulmana pakistana-Nawaz.
Ma il punto non è la dinamica dell’attacco o l’attendibilità della rivendicazione bensì le cause di questi massacri, il motivo per cui si vuole sovvertire anche questo Stato di fede islamica. Il Pakistan, tutto sommato, non è un emirato talebano, non è tra i primi Paesi dove i cristiani sono martiri (vedi Nigeria), ha un parlamento e un governo eletti. Da parte della politica e delle istituzioni, insomma, non sembra esserci una chiara volontà di legittimare i terroristi.
Ma il problema non è il vertice se mai la base dello stato pakistano, il consenso popolare che circonda le persecuzioni anti-cristiane: guardiamo cos’è accaduto ieri e oggi davanti al palazzo del parlamento, migliaia di persone si sono riunite per chiedere che la condanna a morte di Asia Bibi, la madre cristiana che nel 2010 è stata condannata all’impiccaggione per aver offeso Maometto, venga "accelerata".
Per sedare la manifestazione il governo ha mandato per strada la polizia con idranti e manganelli, ci sono stati decine di feriti e ancora caos. I manifestanti chiedevano anche la piena applicazione della Sharia e di non toccare il reato di blasfemia. Può sembrare paradossale ma il problema allora non è tanto che il governo e i giudici lascino Asia Bibi a marcire in carcere bensì che la donna rischia di essere ammazzata se mai venisse rilasciata. Le persecuzioni di cristiani negli stati di fede islamica non cesseranno fino a quando non verrà meno questa approvazione, manifesta e tacita, verso odio e violenza.