Brexit: Cameron in affanno, referendum si decide su immigrazione
03 Giugno 2016
Il 23 giugno si avvicina, il settore finanziario europeo lancia allarmi su Brexit, e il premier inglese David Cameron prova a convincere gli inglesi che l’uscita della Gran Bretagna dalla Ue sarebbe un guaio per il Paese. Secondo il quotidiano “The Guardian”, Cameron ha rivolto un appello diretto ai suoi connazionali affinché al referendum del 23 giugno non commettano un atto di “autolesionismo economico” votando per lasciare l’Unione Europea, nel tentativo di frenare l’immigrazione.
In un’apparizione televisiva, su Sky News, il premier, incalzato dalle domande di un pubblico ostile, ha detto che uscire dall’Ue significherebbe “giocare a dadi” col futuro di figli e nipoti e che la Gran Bretagna non sarebbe più prospera in caso di Brexit. Cameron ha puntato sulla economia, spiegando che bisogna “restare” per “il commercio, l’occupazione e la sussistenza”. Parlando di immigrazione, Cameron ha aggiunto che “il modo giusto per affrontare quella sfida non è lasciare il mercato unico, danneggiare la nostra economia, colpire l’occupazione e recare un danno al paese”.
Cameron ha dovuto difendersi sul mancato conseguimento dell’obiettivo di riduzione del saldo migratorio, che aveva promesso di far scendere sotto quota centomila unità all’anno, spiegando che la crescita e il rafforzamento del mercato del lavoro hanno attirato più immigrati del previsto. Cameron ha infine ricordato che dal Fondo monetario internazionale all’Ocse, l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico, i grandi enti economici mettono in guardia dagli effetti di Brexit sui rischi di crollo della sterlina e di aumento dell’inflazione.
Per l’ente di sorveglianza europeo, la Brexit rappresenta una grande sfida: per prima cosa, infatti, l’ente di controllo sulle banche deve assicurare che gli Istituti di credito siano preparati ad una possibile uscita della Gran Bretagna dalla Ue. Anche se ora si possono solo immaginare le conseguenze, la Brexit avrà gravi ripercussioni sui mercati finanziari e potrebbe portare ad una vera e propria destabilizzazione del paese.
In secondo luogo, a seguito di una Brexit si porrà anche la questione della delocalizzazione delle banche attive nel paese, dal momento che il Regno Unito potrebbe anche perdere l’accesso al mercato finanziario interno della Ue. Il cosiddetto “Eu-Pass”, con cui le banche europee possono gestire le loro attivita’ in ogni altro paese membro, in Gran Bretagna perderebbe la sua validità . Questi esempi mostrano come la Brexit costringerà le banche e altri attori finanziari a spostare sul continente il loro core business.
Francoforte, importantissima piazza finanziaria e sede della Banca Centrale Europea (Bce), si troverebbe di fronte a una situazione difficilmente gestibile: secondo le stime della Frankfurt School of Finance, in caso di una “Brexit” 20 mila posti di lavoro potrebbero essere spostati da Londra a Francoforte.
Nella campagna referendaria per Brexit c’è poi l’incognita Trump. Donald Trump ha rivisto la sua agenda per il mese in corso e sarà in Scozia il 22 giugno, ovvero il giorno prima del referendum sulla Brexit. Secondo The Independent la visita fa “ipotizzare che lo schietto businessman diventato politico possa puntare a un intervento dell’ultimo minuto nel dibattito”. Nei giorni scorsi, Trump e David Cameron sono stati protagonisti di un duro scambio di battute a distanza con Trump. Trump si è detto favorevole alla Brexit perché risolverebbe il problema dell’immigrazione.