Trump è tornato Trump! (in realtà non è mai cambiato)
04 Maggio 2017
Trump è tornato Trump, titolava DrudgeReport un paio di giorni fa. Il “provocateur-in-chief”, come lo ha definito Bloomberg, manda ai matti il Congresso a guida Repubblicana e tutti gli avversari vecchi e nuovi. Si prenda l’abrogazione dell’Obamacare, la riforma sanitaria a cui tanto teneva il precedente inquilino della Casa Bianca. Fino a poche settimane fa sembrava che solo modificare una virgola dell’Affordable Care fosse impresa titanica, i Repubblicani dopo averne detto peste e corna per anni si erano incartati, e i voti mancavano. Ieri, l’exploit, la spallata, passa il nuovo piano che smonta i primi pezzi della legge obamiana, passa per qualche voto, è vero, e c’è ancora il vaglio del Senato, ma un obiettivo che veniva giudicato da più parti irraggiungibile e che qualcuno diceva vedrete, vedrete che influenzerà negativamente anche la riforma del fisco, di colpo diventa a portata di mano e viene festeggiato come un successo dai Repubblicani e anche da Trump.
Idem in politica estera. Dopo i missili sulla Siria tutti avevano provato a tirare la giacchetta del presidente, i neoconservatori, innanzitutto, ai quali non sembrava vero che il Don bastonasse il regime di Assad, mentre i giornaloni, spaesati, scrivevano che la vera dote di Trump è la “flessibilità”. Dopo i missili sulla Siria e aver mandato la “Invincibile Armada” navale Usa verso le Coree, però, Trump se n’è uscito dicendo che sarebbe “onorato” di incontrare il giovane Kim, il capo del regime nordcoreano, mentre con Putin non si è mai smesso di prendere le misure al futuro della Siria, o quello che ne resta. E ancora, notizie degli ultimi giorni, l’idea di un nuovo “stimolo” all’economia Usa, nuovi sgravi fiscali per i carburanti, un modo per rimettere l’America sulle quattro ruote investendo in reti viarie e delle comunicazioni.
Battaglie care alla “destra”, battaglie care alla “sinistra” americana. Trump in realtà non è tornato Trump, il Don non è mai cambiato: da quando è sceso in politica riesce a scontentare ma soprattutto a sorprendere tutti, la stessa strategia che gli permise di vincere le elezioni. Repubblicani, falchi del Pentagono, lavoratori del Midwest (vi ricordate i “blue collar” democratici che abbandonarono Clinton e Obama votando per il Don?), banchieri di Wall Street o “teapartiers”, ognuna delle “constituency” che gravitano intorno al presidente non può dormire mai sonni tranquilli, perché con Trump nessun tema è tabù. Nessuna idea o legge è un articolo di fede,
Come con il voto sulla riforma sanitaria di ieri, è evidente che Trump governerà su una base repubblicana ma potrà fare o dire cose, come è già successo, che non disturbano i Democratici. E i prossimi cento giorni? La missione resterà lo “shock and awe”, colpire, confondere il circo politico-mediatico, imponendogli ogni giorno l’agenda, un’agenda che cambia in base a quello che il nuovo presidente ritiene in quel momento essere l’interesse nazionale, che nel “trumpismo” viene prima di ogni altra cosa, ideologie comprese. Per cui tranquilli che il “provocatore-in-capo” continuerà a svolgere la missione per cui è stato votato.