Anche il “partito della nazione” renziano è populista, solo che non acchiappa voti

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Anche il “partito della nazione” renziano è populista, solo che non acchiappa voti

Anche il “partito della nazione” renziano è populista, solo che non acchiappa voti

25 Settembre 2016

Il mese scorso due importanti istituti di ricerca britannici hanno fatto un sondaggio sulle opinioni politiche degli elettori del Regno Unito (d’ora in poi UK) e i risultati fanno discutere, perché è in atto una ridefinizione del concetto di “centro”. Quello di Blair, per intenderci, è morto, e se si votasse oggi Theresa May farebbe il pieno, mentre i laburisti resterebbero all’angolo. Però, come mostra il sondaggio, molti degli elettori intervistati si definiscono di centro-sinistra. Cosa sta succedendo, allora?

Come osserva Adam Drummond, sul “Guardian” dell’11 settembre, l’immigrazione ha unito la destra e spaccato la sinistra. La maggioranza degli elettori britannici, compresi quelli che votavano Labour, sono per la riduzione dell’immigrazione e l’uscita dall’Unione europea. Il 24% degli elettori di Tony Blair, è diviso tra il votare Tory o Ukip. E molti dei voti che andavano al Labour sono andati all’Ukip. A sinistra, a favore dell’immigrazione e per l’Ue sono  gli elettori con un reddito più elevato, che però sono divisi sulle tasse. Oggi non sarebbe più possibile  la maggioranza “centrista” di Blair. 

Il nuovo centro di Theresa May è trasversale come quello di Blair, ma fa vincere i conservatori e si caratterizza per la riduzione dell’immigrazione e la sostanziale approvazione all’uscita della Gran Bretagna dall’Unione europea. Gli inglesi che hanno votato Brexit, in Italia, sono stati definiti in genere populisti, un’etichetta spregiativa, qui da noi. Ma se il problema è il populismo, come ha osservato Galli della Loggia sul Corriere del 6 giugno 2016, dopo le elezioni amministrative con la vittoria a Roma e Torino delle 5stelle Raggi e Appendino, allora anche il “Partito della Nazione” renziano è trasversale e populista, con la differenza che non è riuscito ad acchiappare voti da sinistra a destra come un vero Cesare democratico.

Da noi il termine populista – si veda l’interessante articolo di Nicoletta Tiliacos su “Il Foglio” del 24 dicembre 2012  con interviste a Marco Tarchi, Galli della Loggia e Alfonso Berardinelli – è spregiativo, sinonimo di demagogia ed è stato utilizzato dalla sinistra – dai girotondini, a Sel al Pd – contro Berlusconi. Oggi si potrebbe dire che in Italia si dà del populista a chi ha un consenso trasversale e proposte politiche differenti su immigrazione e Unione europea. Si definisce populista chi è “sovranista”, dimenticando che il concetto di sovranità è alla base della nostra Costituzione.

E’ nazionalista, si chiedeva Galli della Loggia il 29 giugno 2016 sul Corriere, affermare che la sovranità appartiene al popolo? Populista viene anche usato com sinonimo di incompetente; “dilettanti alla sbaraglio” diceva la sinistra dei governi Berlusconi, accusa ripetuta oggi per Virginia Raggi, che avrà tutti di difetti del mondo, ma proprio non si agita e non urla come un demagogo.

Oggi si dà del populista a chi non è renziano, a chi vota No al refendum, e, soprattutto critica l’Europa o ritiene che andrebbe fatto un refendum sull’euro e l’Ue. A criticare la Merkel, la Germania e Bruxelles, in realtà, ci prova anche Renzi, tuonando contro l’austerity e chiedendo “flessibilità” (cioè più spesa pubblica). L’esultanza dei renziani per la sconfitta della Merkel a Berlino, però, è fuori luogo, perché i tedeschi non hanno punito Merkel per consentire all’Italia libertà di spesa, bensì perché la cancelleria ha aperto la Germania a migliaia di migranti siriani.

Sull’immigrazione, infine, l’Italia renziana si trova drammaticamente sola, mentre Uk e Francia costruiranno un muro a Calais, il Brennero viene chiuso come Ventimiglia, e il Belpaese rischia di diventare una nuova Calais Jungle. “l’Italia farà da sola!” ha concluso con sicumera il nostro premier populista, ma il nostro Paese non è proprio nelle condizioni di lanciare tali sfide. Come riconosce anche Polito sul Corriere del 22 settembre, ci vorrebbe meno demagogia.

Purtroppo, nonostante la demagogia del premier, la crescita non c’è stata, il debito è aumentato, le nostre banche sono malmesse (non parliamo del Monte dei Paschi per carità di patria), aumentano solo i migranti. Senza contare la Libia, che per ora non butta affatto bene. Cosa ne sarà di noi, se l’Europa continua a sfasciarsi?, si chiede Polito. Già, non solo Brexit, ma anche Francia, Austria, e altri Stati Ue ormai decidono da soli o fanno patti bilaterali.

Intanto, in Italia ci si scatena contro la Raggi, rea di avere rifiutato le Olimpiadi a Roma, la capitale distrutta dai debiti delle precedenti amministrazioni. Si spera anche in Obama, anche se ormai è un presidente in scadenza. Forse una visitina in UK non farebbe male ai nostri devoti renziani, almeno per capire come funziona una nazione che davvero può fare da sola.