Con Trump volano le Borse, col NO al referendum magari pure…
23 Novembre 2016
L’indice Dow Jones è ai massimi storici dal 1999 e ieri Wall Street ha chiuso con un nuovo rialzo record dopo l’8 novembre, cioè dopo la vittoria di Donald Trump alle elezioni presidenziali negli USA. A quanto pare chi aveva pronosticato che i mercati sarebbero sprofondati se Trump fosse entrato alla Casa Bianca è rimasto con un palmo di naso: le Borse, comprese quelle europee, apprezzano le misure che il presidente eletto ha annunciato di voler prendere nei primi cento giorni di governo alla guida degli USA.
Un siparietto del genere – attenti, le Borse crolleranno! – era andato in scena anche prima di Brexit, cioè del voto nel Regno Unito sulla permanenza in Europa: anche in quel caso ha vinto a sorpresa il “Leave”, gli inglesi hanno mollato la UE, ma dai dati successivi al voto emerge che l’economia della Gran Bretagna gode di ottima salute. Insomma, i mercati, che non sono entità invisibili ma fatti di persone che ragionano, osservano e si regolano di conseguenza, hanno digerito sia la vittoria di Trump che quella di Brexit.
Questo discorso ci porta all’Italia e al referendum del 4 dicembre sulla riforma costituzionale. Cioè a quanti paventano “il diluvio” se dovesse vincere il NO alla consultazione popolare sul pasticcetto Renzi-Boschi-Alfano-Verdini. Ma anche in questo caso, il problema non è la vittoria del NO, come non lo era quella del Leave o del candidato Donald Trump: il problema è l’allarmismo messo in giro da chi fa dichiarazioni, politiche, con l’obiettivo di influenzare il voto, e nel caso dell’Italia di dare l’ennesima spintarella al Sì.
Il vero diluvio per l’Italia sono le scelte di politica economica, sbagliate, prese dal governo Renzi: vedi le stime Istat sul PIL per il 2016 riviste al ribasso nei giorni scorsi; la crescita per il 2017 ancora attaccata allo zero virgola; il debito italiano che nonostante qualche ritocco continua a salire su base annua; le continue richieste di flessibilità fatte dall’Italia alla UE – flessibilità, ovvero più spesa pubblica, che fino adesso non ha prodotto nulla di concreto per far davvero ripartire l’economia italiana.
Insomma, com’è accaduto con Trump o Brexit, è anche possibile che per 24 o 48 ore ci siano delle turbolenze sui mercati se al referendum dovesse vincere il NO, ma come si sono già premurati di dire autorevolissimi quotidiani internazionali, basterà mettere mano a un governo di unità nazionale per assicurare la tanto invocata stabilità. Del resto, le piccole o grandi tempeste finanziarie non sono legate tanto ai piccoli o grandi eventi della Storia, ma a come li si gestisce. Stati Uniti e Gran Bretagna, che hanno vissuto due eventi epocali, stanno governando il tutto senza problemi, almeno per adesso.
L’Italia sarà capace di fare altrettanto? Certo non ci riuscirà se continueremo ad affidarci alle Cassandre di turno.