Da Cambridge all’Egitto, silenzi e bugie sulla morte di Regeni
11 Giugno 2016
“Ribadiamo la necessità di rompere il muro di silenzi e bugie intorno all’uccisione di nostro figlio”, a dirlo i familiari di Giulio Regeni. “Alla luce delle ultime notizie apparse sul quotidiano La Repubblica circa l’esistenza di una testimonianza che potrebbe far luce sulle circostanze del sequestro e della uccisione di Giulio” la famiglia chiede “alla Procura Generale del Cairo di fornire senza indugi delucidazioni in merito ed in particolare di confermare o smentire quanto emerso dalla lettura del documento datato 25 aprile recapitato alla nostra Ambasciata in Svizzera”.
Secondo La Repubblica, il documento, in lingua araba, trasmesso dall’ambasciata di Berna alla procura di Roma, sarebbe stato redatto da un anonimo che si definisce il tramite di “informazioni sul caso Regeni provenienti da una delle principali istituzioni dell’esecutivo in Egitto“. La fonte riferisce di un fascicolo aperto su Regeni dal Servizio segreto interno egiziano, la Sicurezza nazionale, poco dopo il suo arrivo al Cairo, nel settembre 2015.
A carico del giovane ricercatore sarebbero state ipotizzate le accuse di spionaggio, cospirazione e appartenenza a una rete terroristica interna al Paese che progetta l’eliminazione del presidente Al Sisi. Regeni diventerebbe a quel punto, scrive Repubblica, “preda indifesa di una caccia libera tra gli apparati dello Stato – Servizi militari e Servizi civili – in lotta per contendersi un posto al sole nella gerarchia del regime. Fino all’esito finale. Prima il sequestro, la sera del 25 gennaio, quindi le torture per mano dei Servizi militari”.
Alla luce di queste notizie i genitori di Giulio Regeni, “rinnovano l’appello affinché tutti coloro che possono contribuire alle indagini lo facciano senza remore anche recandosi presso le nostre ambasciate all’estero”. I genitori del ricercatore italiano, ucciso e torturato a morte lo scorso febbraio in Egitto, saranno a Bruxelles mercoledi’ 15 giugno, in occasione di una sessione della sottocommissione Diritti umani dell’Europarlamento. La sessione della sottocommissione Diritti umani si svolgerà anche in associazione con la delegazione dell’Europarlamento per le relazioni con i paesi del Mashreq, che sono Egitto, Giordania, Libano e Siria.
“Quanto l’Italia conti poco nello scenario internazionale lo si vede ogni giorno, ma una conferma è arrivata nei scorsi giorni dall’Inghilterra, un Paese amico, un Paese con cui abbiamo scambi continui culturali e commerciali, che però si rifiuta di collaborare per fare luce sulla tragica fine di Giulio Regeni esattamente come l’Egitto”, afferma il senatore della Lega, Roberto Calderoli. “Nei giorni scorsi Maha Abdelrahman, professoressa di Regeni a Cambridge, ha deciso di non rispondere agli investigatori italiani che si sono recati in Inghilterra per una rogatoria internazionale per sapere cosa faceva Regeni in Egitto, che tipo di ricerche conduceva. E alle loro domande non è arrivata alcuna risposta. Per quale ragione?”.
“C’è qualche scomodo segreto da difendere trincerandosi dietro al silenzio?”, si chiede Calderoli. “Resta il fatto che dopo l’Egitto un altro Paese amico dell’Italia quale l’Inghilterra si rifiuta di collaborare: e ovviamente il nostro premier, il nostro Ministro degli Esteri e la nostra diplomazia non protestano e non si lamentano – conclude – andiamo avanti a farci trattare come zerbini, calpestati da tutti…”.
I portavoce di Cambridge intanto se la sono presa con la stampa italiana, dopo la denuncia dei familiari di Regeni e degli inquirenti sulla mancata collaborazione di quattro professori della celebre università britannica legati alle attività del ricercatore italiano ucciso al Cairo e interpellati vanamente nell’ambito dell’indagine in corso per far luce su quell’omicidio. “Le storie apparse di recente sulla stampa italiana semplicemente non sono vere, l’università appoggia le autorità italiane nelle indagini su questo fatto orrendo”, ha detto la portavoce.
“Rimaniamo aperti e impegnati a lavorare con le autorità italiane al fine di far emergere la verità per Giulio Regeni e per la sua famiglia”, ha rimarcato, sorvolando tuttavia sul fatto che quattro accademici con cui Regeni collaborava in veste di ricercatore a Cambridge, e che lo avevano mandato in missione di studio al Cairo, si siano finora rifiutati di farsi sentire dai pm.
Intanto gli investigatori italiani fanno sapere che non ci sono misteri dietro l’invio da un paio di utenze inglesi di sms diretti a cellulari egiziani nei giorni in cui Giulio Regeni scomparve e fu trovato cadavere. Secondo alcuni accertamenti investigativi, coordinati dalla Procura di Roma, quei numeri di telefono inglesi altro non erano che dei messaggini di attivazione di servizi per cellulari generati da società informatiche. In particolare, si tratta di tre sms inviati ad altrettante utenze del Cairo il 25 gennaio tra le 19.30 e le 20.30, orario compatibile con la scomparsa del 28enne friulano, e di un altro messaggio diretto, la notte tra il 2 e il 3 febbraio, a un cellulare egiziano agganciato nel quartiere ‘6 Ottobre’ dove qualche ora dopo fu scoperto il corpo senza vita del giovane ricercatore.