Ma guarda un po’, su Regeni le ipotesi sono cambiate
13 Giugno 2016
Dopo l’omicidio Regeni il ricercatore italiano è stato dipinto come un martire della libertà, lo studioso che facendo ricerca sul campo dava voce agli ambienti del dissenso in Egitto e che per questo sarebbe stato rapito e ucciso dai servizi segreti di quel Paese.
In Italia pochi giornali, tra cui il nostro, si sono fatti qualche domanda scomoda, provando ad andare oltre la rappresentazione appena illustrata: il giovane eroe da una parte, il corrotto e sanguinario “regime” dall’altra. Per averlo fatto, abbiamo dovuto sorbirci le rampogne dei depositari dell’unica versione ammessa, quella che vuole colpevole l’attuale governo egiziano.
Nei giorni scorsi però lo spartito è cambiato. Il quotidiano La Repubblica ha dato alle stampe una inchiesta alla dinamite, citando un documento riservato inviato in Svizzera e attribuito ad una fonte anonima interna alle autorità egiziane. La ‘manina’ che ha inviato il dossier dice in sostanza che i servizi egiziani avevano ‘attenzionato’ Regeni ritenendolo una spia della intelligence inglese e italiana, che faceva parte di un network eversivo al Cairo, dedito a organizzare un colpo di stato per rovesciare il presidente Al Sisi.
Il network, se abbiamo capito bene, sarebbe stato composto da ambienti rivoluzionari e dell’operaismo egiziano, spezzoni di accademia nelle università locali e fuori dai confini egiziani (i tutor del ricercatore a Cambridge di cui si è parlato nei mesi scorsi), elementi delle vecchie strutture della forza di epoca Mubarak più disponibili dei servizi militari di Al Sisi ad avere qualche abboccamento con la potente Fratellanza Musulmana del deposto presidente Morsi (Repubblica parla di un generale anti-Sisi parente del misterioso Walid, quest’ultimo tra i conoscenti di Regeni). Una volta scoperto, Giulio Regeni sarebbe finito stritolato in una “faida” interna ai servizi egiziani.
A queste ricostruzioni si è poi aggiunto l’ostinato silenzio opposto dalla Università di Cambridge alle domande degli inquirenti italiani, che hanno alimentato i sospetti sulle relazioni tra il ricercatore italiano e un gruppo di studiosi nostalgici delle primavere arabe e dello stesso Morsi, cioè vicini alla Fratellanza Musulmana. Tutto questo non lo diciamo noi, sta scritto nella inchiesta di Repubblica e rimbalza in tante agenzie di stampa.
Ora, non tutti gli elementi di questa ricostruzione tornano, così come non è chiaro se il silenzio assordante di Cambridge sia davvero una conseguenza del coinvolgimento inglese, o è dovuto ad altre cause. Ma la vera domanda che bisogna farsi è perché Repubblica ha mandato in edicola e fatto girare sul web questa inchiesta, che chiama in causa Palazzo Chigi e la Farnesina, pur descrivendo come “paranoico” l’atteggiamento degli egiziani. Se quello che scrive Repubblica citando il dossier svizzero è vero, se c’è stato un complotto, sventato, per rovesciare Al Sisi, il pandemonio scatenato dagli italiani dimostrerebbe solo l’inesperienza di chi ci governa.
Repubblica – dando voce alla gola profonda che a sua volta passa informazioni sui servizi egiziani – alimenta i peggiori sospetti, cioè che il nostro Paese sia coinvolto nella morte del ragazzo di Fiumicello. Ma nasce un ulteriore dubbio: a cosa mira Repubblica con la sua inchiesta? E come mai tutto questo esce ora, mentre Renzi, per la prima volta dalla sua ascesa, è in difficoltà?