Indonesia, governatore cristiano in carcere per “blasfemia”
09 Maggio 2017
di Redazione
E’ una vita che l’Indonesia è considerata terra emblema dell’islam moderato, ma nessuna narrazione ha mai preso in considerazione gli attacchi violenti alle minoranze, in particolare a quella cristiana. Peraltro in aumento in tempi recenti.
Lo scorso settembre, in un comizio in piena campagna elettorale, dinanzi ad alcuni pescatori, Basuki – governatore di Jacarta dal 2014-, aveva citato il versetto di una sura del Corano per sostenere che ogni cittadino indonesiano ha il diritto di votare per chiunque (i teologi musulmani sostengono invece che solo un musulmano può guidare altri musulmani), aggiunse però di votare secondo coscienza. Eppure alcuni si sentirono offesi. Da lì le proteste che in tre diverse occasioni, tra novembre e dicembre, hanno riversato per le strade di Giacarta centinaia di migliaia di manifestanti.
Con la vicenda, Basuki, primo cristiano a governare la capitale in più di 50 anni – si è giocato il futuro politico. E dopo un lungo processo è arrivata la pena, più dura di quella richiesta dalla procura, anche se minore di quella massima prevista dalla legge, 5 anni: “condannato a due anni di prigione”, così ha deciso la Corte. Ad accoglierlo fuori il tribunale un gruppo di musulmani che gridavano, “Allah è il più grande!”. La sentenza, agli occhi degli indonesiani e di tutto il mondo, è stata un vero e proprio test di tolleranza religiosa.
Il processo è stato sostenuto con estremo attivismo dai gruppi radicali islamisti, con il fronte dei Difensori dell’Islam in testa, contrari al fatto che un cristiano governasse Giacarta e che a ottobre e novembre avevano organizzato le proteste. Ma, in particolare, alle corpose manifestazioni ha partecipato anche l’HTI, il movimento integralista che punta alla restaurazione del ‘califfato’ islamico e all’applicazione della sharia in tutta l’Indonesia.