Mamma li suprematisti!
05 Febbraio 2017
Non è vero che una povera donna messicana è stata respinta al confine con gli Usa perché aveva delle foto che irridevano Donald Trump, non è vero che il nuovo giudice della corte suprema americana da giovane aveva aperto un gruppo neofascista, non è vero che la Casa Bianca ha detto alt agli insediamenti di Israele nei territori palestinesi come titolavano due giorni fa tutti i giornaloni online italiani. Non è vero che il consigliere anziano di Trump, il contestatissimo Steve Bannon, è un “suprematista bianco”, un razzista insomma (Bannon non fa parte di associazioni di questo tipo), dovremmo piuttosto rivolgere l’accusa ai “suprematisti neri” di Black Lives Matter, l’organizzazione che protesta da mesi contro Trump ed è la propaggine di gruppi nazionalisti come le Pantere Nere e la Nazione dell’Islam.
Per cui ormai è davvero comica la polemica sulle fake news, la storiella del clan Trump impegnato a distribuire in Rete tonnellate di bufale, visto che la maggior parte delle corbellerie presenti su Internet riguardano proprio il Don, vittima non carnefice. Qualcuno avverta i padroni del web, l’Unione Europea e anche la presidente della Camera, Laura Boldrini, che intanto raccoglie le firme del mondo dello spettacolo contro le notizie-fuffa, che le fake news sono quelle contro Trump. La verità è che ancora si fatica a capire il cambio di paradigma politico e culturale in atto negli Usa, e, dopo aver smascherato un tanto di panzane all’etto, proviamo a parlare dei riflessi che il cambiamento in atto ha sull’Europa e su di noi. Parliamo, per esempio, del diverbio avuto nei giorni scorsi tra la cancelliera Merkel e il presidente turco Erdogan.
I media europei hanno descritto Angela Merkel come una specie di paladina perché ha ricordato a Erdogan che la Turchia deve fare di più per contrastare il “terrorismo islamista”, come ha detto Angela. Niente di nuovo in realtà, sono anni che si distingue tra “islam” e “islamismo”, laddove il primo sarebbe pacifico, tollerante e maggioritario, il secondo sarebbe violento, fondamentalista e minoritario. Il primo, ai tempi di Bush, andava sostenuto anche esportando la democrazia per debellare il secondo, “l’islamo-fascismo”, una degenerazione dittatoriale dell’Islam. Beh, la notizia è che Trump e Bannon la pensano come la dissidente somala Ayaan Hirsi Ali: islam e islamismo sono soltanto costrutti retorici per mascherare la natura dell’islam, una ideologia politica, non solo una religione, che si ispira ai detti alla vita e alle opere del Profeta Maometto. Chi applica la sharia e la jihad, insomma, sta semplicemente rispettando la legge islamica.
Sappiamo a quali risultati hanno portato i distinguo fatti dalla Merkel, pagare (noi europei) fior di miliardi alla Turchia di Erdogan per bloccare il flusso di immigrati, profughi e clandestini. Non sappiamo ancora dove ci porterà il nazionalismo anti-jihadista di Trump o, in piccolo, quello che si allarga nell’Europa del favorito Wilders, si attende infatti il risultato del voto olandese. Sta di fatto che il primo modello, quello della Merkel, si è rivelato fallimentare, il secondo, per adesso, deve vedersela con il fuoco di sbarramento dei giudici americani, delle università in rivolta, delle manifestazioni di piazza, delle fake news fatte circolare ad arte per trasformare Trump in una specie di dittatore, mentre lo si accusa contemporaneamente di essere l’autore delle bufale che circolano in Rete. Ma è ancora presto per dire se Trump avrà avuto ragione o meno.
Quello che invece sappiamo è come ha risposto Erdogan alla Merkel. L’islam è una religione di pace, ha detto “il sultano”. Chissà se le decine di migliaia di persone (professori, giornalisti, magistrati) arrestate durante le grandi purghe del regime turco, dopo il golpe dell’estate, sono dello stesso parere.