Diritti umani, Onu e Islam: la frattura è davvero inconciliabile?

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Diritti umani, Onu e Islam: la frattura è davvero inconciliabile?

Diritti umani, Onu e Islam: la frattura è davvero inconciliabile?

26 Novembre 2018

Davvero, il mainstream mondializzato delle élites planetarie pensa che quella dell’Occidente (o degli Occidenti, poiché di Occidenti ne esistono almeno due) sia un’idea compatibile con l’Islam? Una dimostrazione, in tal senso, pratica e concreta, dovrebbe intanto arrivare dall’Organizzazione delle Nazioni Unite, l’Onu, ovvero la più grande organizzazione intergovernativa a carattere internazionale.

Il come, è presto detto. L’universalismo dominante, erede dell’illuminismo settecentesco, ha prodotto infatti quella dicitura che va sotto il nome di «diritti universali», che hanno ricevuta anche una sorta di costituzionalizzazione sovranazionale nella “Dichiarazione universale dei diritti umani”, firmata a Parigi il 10 dicembre 1948, promossa dalle Nazioni Unite, sotto la direzione di Eleanor Roosevelt, preceduta da un’indagine dell’Unesco, e sottoscritta da tutti i paesi allora aderenti all’Onu, 58. Un documento, questo – tra l’altro anticipato da una relazione critica e contraria, stilata nel 1947, dell’American Anthropological Association – diviso in 30 articoli, il quale stabilisce, in senso liberale, quali siano i diritti e i valori civili, politici, economici, culturali e sociali della totalità dell’umanità. Insomma, i valori dell’Occidente, erga omnes, validi per tutti.

Pochi sanno, però, che, da un altro lato, esiste un’altra Dichiarazione, approvata proprio per rimarcare le distanze dai principî e dai valori dell’Occidente. Il 19 settembre 1981, infatti, sempre e Parigi, e con il patrocinio dell’Unesco (bisognerebbe capire qui la coerenza di questa organizzazione), fu firmata, dai paesi di religione islamica, la “Dichiarazione islamica dei diritti dell’uomo”. Composta da 23 articoli, questa Dichiarazione ha, da una parte, le medesime velleità universalistiche della Dichiarazione del 1948, e, insieme, le negazioni, riguardanti in particolare modo il concetto di persona, dei valori e dei principî espressi 33 anni prima. In sostanza, la Dichiarazione islamica altro non è che una serie di 12 diritti derivanti dal Corano e dalla Sunna (il codice di comportamento musulmano), in una dimensione in cui appunto è la religione la fonte ispiratrice di quelli che dovrebbero essere dei diritti civili e politici. Punti di vista certamente legittimi, ma incompatibili col dettato occidentale – quanto meno di un certo Occidente – che separa la religione dalla civitas e dalla politica.

Di qui, una modesta proposta all’Onu, la quale, nel frattempo, non è più composta da 58 nazioni, come nel 1948, ma da 198. Perché non riproporre il medesimo testo del 1948, sulla Dichiarazione universale dei diritti umani, oggi, in un’Onu numericamente più che triplicata, anche per dare nuova vitalità e legittimità ad un testo che proprio quest’anno, fra pochi giorni, compirà 70 anni? Sarebbe una buona occasione per festeggiare l’anniversario, anche se è facile prevedere che non solo il testo non riceverebbe una nuova, identica approvazione – proprio, e non solo, per la ponderosa presenza di paesi islamici – ma anche che qualsiasi utopia universalista è destinata al fallimento.