Le sardine si dividono, ma sono ancora uno strumento del politicamente corretto

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Le sardine si dividono, ma sono ancora uno strumento del politicamente corretto

Le sardine si dividono, ma sono ancora uno strumento del politicamente corretto

08 Febbraio 2020

Una inesorabile sconfitta della coalizione di destra in Emilia-Romagna sembrava un presupposto ottimale per far sbocciare il bruco-sardina in una farfalla-movimento, cioè in una organizzazione più istituzionalizzata. Invece sembra che i problemi maggiori vengano proprio adesso, o forse questo trampolino di lancio è funzionato anche fin troppo bene, giacché i nuovi eroi della sinistra italiana, non soddisfatti dell’immenso acume intellettuale sottoscritto nel “famoso” programma dei sei punti, hanno deciso di recarsi alla fondazione Fabrica per farsi immortalare con la crema dell’intellighenzia; passi il foto-intellettuale (e per nulla di parte!) Oliviero Toscani, ma anche col Sig. Benetton, tra i finanziatori del celebre ponte caduto.

La spontaneità del movimento viene così abbattuta giorno per giorno e si trovano sempre nuovi elementi che ricompongono la struttura di una idea pensata per richiudere la frattura che la sinistra aveva creato ma che non sa più come ricomporre, e che sicuramente questi atti completamente sprovveduti non aiutano. Infatti la “sezione romana” protesta e denuncia la totale mancanza di un serio impianto progressista, riformatore o massimalista che sia, anzi minaccia pure di lasciare i soci per prendere una strada autonomia. Così Stephen Ogongo annuncia il proprio sconforto in una battaglia tanto impegnativa e minata alla base: “non si può combattere contro i pieni poteri di un solo uomo al comando quando in realtà è ciò che si vuole”.

Il movimento – ma forse a questo punto lo si potrebbe anche chiamare il MoVimento – sconta una bassa capacità organizzativa oltre la piazza, nonché – indipendentemente da dove arrivino i fondi e chi possa manovrare – una quasi nulla propulsione ideologico-programmatica, si direbbe solo una gran voglia di manifestare per dire no. Ma i no amorfi sono destinati ad esaurirsi nel nulla di fatto, come gran parte della storia della sinistra italiana ci insegna. Se pensiamo come la destra italiana stia cercando di ripensarsi questa carica potrebbe ricordare la differenza tra un fucile di ultima generazione e una bomba a mano della guerra mondiale, e in una società che cambia è facile intuire chi possa avere la meglio.

Per loro fortuna la loro forza maggiore è appunto la loro stessa ragione di esistenza, cioè non tanto Salvini, ma in generale la difesa della visione conformistica e politicamente corretta della società protesa verso l’inarrestabile progresso, per cui chiunque abbia una strada da aprirsi al grande pubblico può dichiarare il proprio pieno sostegno ai pesciolini per avere la propria paginetta pubblicitaria gratuita su internet. È il caso del rapper romano Junior Cally che, dubbiosa la produzione di Sanremo se bastassero i monologhi politicanti, avrà accolto con molta gioia la presa di posizione del cantante, che non sappiamo come si classificherà, ma ora sappiamo chi è e cosa pensa.

Ben peggior sorte è capitata invece a Toscani che, per aver beffardamente chiesto in diretta radiofonica “a chi interessa che caschi un ponte?”, si è accorto dell’evidente eccesso, ma nonostante  le tardive scuse ha subìto l’inappellabile sentenza del partner di lunghissima data Benetton, il quale non ha ritenuto in alcun modo giustificabili le parole del fotografo e ha deciso di interrompere il contratto. Sicuramente una scelta onesta e rispettosa di una tragedia che ancora attende di essere chiarita e di trovare i responsabili. Chi sceglieranno le sardine? Il fotografo o l’imprenditore?