
La Polonia tra conservatori e popolari

30 Giugno 2020
Si sono svolte domenica 28 giugno le elezioni presidenziali in Polonia, una repubblica semipresidenziale che prevede l’elezione diretta a suffragio universale del Presidente della Repubblica. I principali contendenti erano il popolare Rafal Trzaskowski, sindaco di Varsavia, l’indipendente Szymon Holownia, giornalista televisivo, cattolico progressista, e l’uscente presidente Andrej Duda, di orientamento conservatore. Il primo turno, come suggerito dalla maggior parte dei sondaggi, non ha visto alcun candidato superare la soglia del 50%+1 dei voti. Per questo, la Polonia dovrà tornare alle urne il prossimo 12 luglio per il turno di ballottaggio tra i due candidati più votati: Duda che si è attestato al 42% e Trzaskowski che strappa un 30%. Il divario è netto. Tuttavia sarà decisivo l’orientamento assunto da Holownia che, con il suo 13%, potrebbe cambiare le sorti della partita.
Da una primissima analisi del voto, emerge con evidenza una effettiva polarizzazione dell’elettorato. Fino ai 29 anni infatti i cittadini polacchi si sono divisi equamente – intorno al 23% – ma hanno premiato principalmente il candidato europeista Trzaskowski. Un risultato invece del tutto deludente per il candidato socialista che non ha raggiunto nemmeno la soglia del 10%. Oltre i 30 anni, invece, raccolgono ampi consensi solo il candidato di Piattaforma Civica e il Presidente uscente Duda che, tuttavia, stravince tra gli ultra sessantenni, i quali evidentemente premiano una scelta conservatrice, sia in termini valoriali che di assetti statali.
In ogni caso, quel che è certo è che si conferma una Polonia fortemente radicata a destra, dato che la partita finale sarà tra conservatori e popolari. E sarebbe meglio aggiungere tra euroscettici e filoeuropei.
Non è un mistero, infatti, che il voto polacco sia stato seguito con estremo interesse dalle parti di Bruxelles. Motivo? La preoccupazione dell’Unione Europea per le tendenze moderatamente euroscettiche del presidente uscente, dato vicino al cosiddetto gruppo di Visegràd. Mentre il partito di Piattaforma Civica del principale sfidante, nonché dell’ex presidente del consiglio europeo, Donald Tusk, è ferventemente filoeuropeo.
Ricordiamo che il presidente Duda è stato anche accusato dall’UE per due principali questioni: il sostegno ad una visione della famiglia di impronta fortemente cristiana, che ha portato ad accuse di violazione dei diritti civili, e riforme del sistema giudiziario, sfociate nell’accusa di violazione dello Stato di diritto.
Insomma, la Polonia rappresenta l’ennesimo test “di gradimento” sull’Europa. Per il momento pare non esserci partita. La verità, in ogni caso, è un’altra: se ogni elezione nazionale si trasforma per forza di cose in un referendum “Europa sì – Europa no”, a prescindere dai risultati finali, è evidente a tutti che c’è un problema di fondo. Fino a quando gli alti burocrati bruxellesi vorranno continuare a fare finta di nulla, non è dato sapersi. Intanto l’Europa balla…