Pio XII e gli ebrei: quanto è difficile mettere da parte il pregiudizio

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Pio XII e gli ebrei: quanto è difficile mettere da parte il pregiudizio

Pio XII e gli ebrei: quanto è difficile mettere da parte il pregiudizio

03 Marzo 2020

L’apertura di un archivio segreto è sempre una buona notizia. Non fa eccezione la decisione della Segreteria di Stato di mettere a disposizione degli studiosi i fascicoli concernenti i rapporti tra il papato di Pio XII e la questione ebraica negli anni nei quali in Italia e in parte rilevante dell’Europa imperversava la persecuzione.

La storia non dovrebbe aver nulla a che fare con la propaganda. Lo storico onesto non è esente da pregiudizi e, soprattutto, quando inizia una ricerca ha una sua personale “ipotesi di partenza”. E’ però pronto a correggerla e persino a contraddirla alla luce delle carte e dei documenti consultati. A questo gli serve la ricerca d’archivio. Lo storico disonesto, invece, ha una tesi preconcetta e utilizza le carte in modo selettivo, al solo fine di avvalorala. Così, mette da parte la ricerca della verità e il suo lavoro, inevitabilmente, scade nella propaganda.

Alla luce di questi elementari principi metodologici, la polemica sviluppatasi intorno all’apertura di una parte degli archivi di Pio XII fin qui secretati ci è sembrato un pessimo inizio, figlio di un tempo nel quale si riflette troppo poco prima di parlare. Ci si sarebbe potuto limitare a felicitarsi dell’evento e, magari, chiedere alle istituzioni italiane di seguire l’esempio e di non aver paura di mettere a disposizione dei ricercatori le carte su episodi e periodi controversi della storia nazionale come, solo per fare qualche esempio, quelle riguardanti la strage di Ustica o quelle raccolte dalla Commissione Mitrokhin. Invece si è andati oltre.

In particolare, il Rabbino Capo Riccardo Di Segni, di fronte ad alcune parzialissime anticipazioni, ha chiesto di evitare le conclusioni affrettate, figlie di consultazioni precipitose dei documenti, perché queste rivelazioni “si riveleranno un boomerang per gli apologeti ad ogni costo”.

Di Segni ha ragione quando dice che le conclusioni non possono derivare dalla consultazione di pochi fascicoli. Proprio per questo, però, ha torto marcio quando si spinge a indicare già una direzione della ricerca, evidenziando un pregiudizio che non si è disposti a mettere in discussione.

Non va bene. La storia deve essere rispettata anche e soprattutto da chi dalla storia ha subito l’ingiuria più grande. Sennò la si fa scadere a propaganda o, peggio, la si getta in polemica. E in una stagione nella quale la polemica superflua ha già infettato la politica, non si tratta proprio di un grande affare.