
La Germania predica accoglienza, ma chiude i confini. Ecco la legge Seehofer

10 Luglio 2019
È stato approvato dal Bundestag a giugno il Migration-paket, ossia la nuova legge fortemente restrittiva sul fronte migratorio voluta dal ministro dell’Interno ed ex presidente della Baviera Horst Seehofer. Il nuovo piano ha ricevuto i voti di tutta la maggioranza che sostiene il governo Merkel IV — i cristiano-democratci e i cristiano-sociali bavaresi (CDU/CSU), oltre che dal partito socialdemocratico tedesco(SPD) —senza i quali non avrebbe avuto i numeri per diventare legge federale.
La normativa prevede una stretta forte sugli irregolari, che potranno non soltanto essere espulsi con maggior facilità di quanto lo sia oggi, ma saranno rinchiusi in centri di detenzione fino a quando non avverrà l’effettivo allontanamento dal Paese. Quello dei “ritorni regolari”, espressione che indica queste nuove modalità di rimpatri, non è l’unica novità della legge; vi sono, infatti, ulteriori misure restrittive: sarà possibile prolungare notevolmente la detenzione preventiva ai rifugiati, tagliare lo stato sociale agli stranieri e finanche la possibilità di perquisizione senza mandato giudiziario.Il testo prevede, inoltre, che lo Stato si farà carico di accogliere solo 260.000 migranti regolari all’anno, ossia quelli considerati necessari all’economia nazionale.
Sono rimasti inascoltati gli appelli della Linke (sinistra radicale), dei Verdi e di FDP (liberal-democratici) ai valori della Costituzione, come anche quelli di Alternative für Deutschland, l’estrema destra, che chiedeva un giro di vite ancor più radicale.
Circa un anno è stato necessario per mettere nero su bianco le richieste di Seehofer, e dei cristiano-sociali bavaresi, con gran stupore di chi non pensasse fosse possibile una sterzata così netta su una materia tanto delicata. È infatti un’altra l’estate di pochi anni fa a venire in mente: quella del 2015. In quell’anno la Germania aprì le porte a migliaia di profughi — in maggioranza siriani — che si erano accalcati lungo la rotta balcanica giungendo fino in Ungheria. «Non c’è un limite legale al numero di richiedenti asilo che può ricevere la Germania», disse allora Angela Merkel mentre veniva celebrata come uno dei pochi politici ad avere una posizione coraggiosa e che non rincorresse il sentimento popolare, descritto in quella occasione, come adesso, spinto dalla paura e dall’irrazionalità. Oggi sembrano davvero lontane quelle parole, e non soltanto perché la cancelliera non gode di grande fiducia e la sua esperienza istituzionale terminerà nel 2021, ma proprio in virtù di un cambio di rotta su un tema che era stato centrale e sostanzialmente coerente nei vari governi Merkel— in carica pressoché ininterrottamente dal 2005.
Di fronte all’immigrazione, invece, ha prevalso, come sta accadendo in tutta Europa, un atteggiamento orientato verso il pragmatismo politico. Accade così che un governo centrista, a guida cristiano-democratica e che ha al suo interno addirittura i socialdemocratici, debba rivedere le sue posizioni davanti a quella che ormai è diventata a tutti gli effetti una sfida cruciale per la politica, se non addirittura per la tenuta democratica dei Paesi europei.
Tuttavia, lo scorso 6 luglio da Berlino è arrivata una lettera diretta al Viminale. Nel testo si legge che «non possiamo rispondere a quelle navi con a bordo persone salvate facendole navigare per settimane nel mar Mediterraneo solo perché non trovano un porto», ha scritto Seehofer al collega Salvini, con riferimento alle navi delle ONG, Alex e Alan Kurdi, che hanno navigato verso la Sicilia per poi far scendere decine di migranti imbarcati davanti alle coste libiche. Nella missiva del ministro bavarese c’è anche scritta una frase «aprite i porti italiani». Viene da pensare: da che pulpito viene la predica!